Qual è il pensiero che, a volte, assilla il nostro cuore? Il sospetto che Dio non esista o, se esiste, che non si interessa minimamente del nostro destino! Questo pensiero ci assale, in modo particolare, nei momenti di prova, quando auspicheremmo un intervento diretto di Dio per la risoluzione di un nostro problema e Dio sembra totalmente indifferente… penso anche in questa guerra in Ucraina…

Sì, a noi piacerebbe tanto un Dio interventista, risolutore impeccabile dei nostri problemi. Lo vorremmo proprio come esecutore obbediente delle nostre precise volontà… non che faccia il bene in sé, ma il nostro bene! E pure dentro i tempi da noi prestabiliti! Ma Dio non è un burattino e nemmeno un burattinaio…

Nella prima lettura di questa domenica il libro dell’Esodo racconta il giorno nel quale JHWH si è presentato a Mosè nell’immagine del roveto che arde senza consumarsi. Così esordisce JHWH: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido: conosco le sue sofferenze». Altro che indifferenza…

E come si identifica JHWH? «Io sono colui che sono!». Cioè? Io sono quello che c’è! C’è sempre! È sempre presente nella vita degli uomini. Non si chiama fuori, mai! Tant’è che in Gesù, proprio questa verità è stata esplicitata con assoluta chiarezza: la sua umanità ha mostrato in maniera evidente che tutto ciò che vive l’uomo è parte integrante della vita divina.

È così che appare chiaro anche il messaggio della parabola del padrone della vigna che parla con il vignaiolo e gli ordina di tagliare l’albero di fico infruttuoso: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». Occorre pazienza per vedere l’opera di Dio: chi ce l’ha vedrà le grandi cose di Dio!