I sacerdoti a Rovellasca

don Christian Ghielmetti  a Rovellasca dal 17 settembre 2022

don  Michele Gini  a Rovellasca dal settembre 2017
donmichele@parrocchiadirovellasca.it

SCOPRI I NOMI DEI SACERDOTI A ROVELLASCA

1517-floruit 1519: Tommaso Verga  Altrimenti de Verga
1571-1577:  Paolo de’ Stefanetti
1577-1585:  Ambrogio Maiocchi
1585-1588:  Ambrogio Maiocchi  Ed  Andrea Volpi
1588-1600:  Andrea Volpi
1600-1615:  Cristoforo Banfi
1615-1630 :  Ambrogio Mariani
1630-1633:  Giovanni Antonio Alberio
1633-1634:  Tommaso Cattaneo  e Giovanni Battista Aliverti
1634-1658:  Giovanni Battista Aliverti
1658-1684:  Documenti mancanti
1684-1708
Vittorio Gianera
1708-1748:  Cristoforo Monti
1748-1761:  Andrea Gallo  altrimenti  Galli
1761-1781:  Benedetto Ropelli
1782-1788:  Lorenzo Stropeni
1788-1816:  Santo Ghizzoni
1817-1826:  Luigi Caddi
1826-1836:  Antonio Mezzera
1836-1844:  Giovanni Bernasconi
1845-1883:  Giuseppe Cattaneo
1883-1885:  Antonio Colombo
1885-1899:  Nicola Silvestri
1899-1921:  Giovanni Battista Ambrosini
1922-1937:  Lorenzo Moia
1938-1954:  Arturo Galli
1954-1973:  Giovanni Fasola
1973-2000:  Luigi Corti
2001-2009:  Roberto Pandolfi
2009-hodie:  Natalino Pedrana

I sacerdoti originari di Rovellasca

SCOPRI I NOMI DEI SACERDOTI ORIGINARI DI ROVELLASCA

Don Giuseppe MARIANI (11 settembre 1825): ordinato sacerdote il 25 maggio 1850. Coadiutore a Rezzonico (1850/53). Coadiutore a Minoprio (1853/70). Parroco di Bernate dal 1870. È morto il 4 maggio 1902.

Don Luigi MOLTRASIO (24 agosto 1840): ordinato sacerdote il 28 febbraio 1863. Coadiutore a Zelbio 1863/64. Coadiutore a Nesso (1864/75). Vicario alla SS. Annunziata (1875/86). Parroco di Camnago Volta dal 1886. È morto il 20 aprile 1906.

Don Angelo INTROZZI (18 maggio 1841): ordinato sacerdote il 19 dicembre 1863. Coadiutore a Naggio (1863/65). Professore a S. Abbondio (1865/66). Coadiutore a Lomazzo (1866/79), ivi prevosto dal 1879. Canonico penitenziere della cattedrale dal 1905. È morto l’1 maggio 1915.

Don Angelo CATTANEO (11 ottobre 1863): ordinato sacerdote il 31 maggio 1890. Economo spirituale di Caslino (1890/1921), ivi parroco dal 1921. È morto il 25 giugno1950.

Don Alfonso INTROZZI (23 maggio 1867): ordinato sacerdote il 23 maggio 1891. Cappellano ad Albonico (1891/94). Parroco di Maslianico (1894/1915). Quiescente. È morto il 28 ottobre 1919.

Don Enrico MOLTRASIO (29 gennaio 1868): ordinato sacerdote il 23 maggio 1891. Economo spirituale a Motta di Villa di Tirano (1891/92). Parroco di Croce di Menaggio (1892/1944). Quiescente in Casa ecclesiastica dal 1945. È morto il 20 aprile 1948.

Don Angelo GIOBBI (23 ottobre 1869): ordinato sacerdote il 10 giugno 1894. Coadiutore a Caiolo e poi parroco (1901/37). Cappellano a Villa Sommariva di Tremezzo. È morto il 7 novembre 1948.

Don. Stefano CAMPI (20 giugno 1880): ordinato sacerdote il 29 giugno 1904. Coadiutore di Cermenate (1904/26). Prevosto di Bregnano S. Giorgio dal 1926. È morto il 22 agosto 1948.

Don Enrico DELL’ACQUA (9 febbraio 1886): ordinato sacerdote il 19 febbraio 1910. Coadiutore a Sondrio (1910/11). Canonico coadiutore a Morbegno (1911/16). Vicario a San Bartolomeo (1916/19). Professore nel seminario minore di S. Abbondio (1919/28). Arciprete di Mandello e vicario foraneo dal 1928. Dottore in sacra teologia. È morto il 16 maggio 1952.

Don Angelo MOLTRASIO (10 luglio 1893): ordinato sacerdote l’11 luglio 1920. Combattente nella grande guerra e cavaliere di Vittorio Veneto. Delegato vescovile a Premadio, quindi parroco (1920/38). Cappellano allo Stelvio (1938/47). Quiescente a Bormio dal 1947: promotore del ricovero “Villa Sorriso”. È morto il 29 ottobre 1978.

Don Angelo DISCACCIATI (20 agosto 1894): ordinato sacerdote il 29 giugno 1923. Coadiutore a Teglio. Dal 1934 ivi arciprete e vicario foraneo. È morto il 27 febbraio 1962.

Don Silvio LATTUADA (25 maggio 1912): ordinato sacerdote il 30 maggio 1942. Parroco di Ponna Superiore (1942/44). Vicario di Rebbio (1944/49). Parroco di Rovenna (1949/66). Prevosto di Lora (1966/93). Quiescente a Fino Mornasco dal 1993. È morto l’8 ottobre 1994.

Don Enrico VOLONTE’ (19 agosto 1915): ordinato sacerdote il 3 giugno 1939. Coadiutore a Buglio (1939). Vicario a Torno (1939/49). Vicario di Rebbio (1949/52). Prevosto di Piazza S. Stefano dal 1952. È morto il 29 giugno 1986.

Mons. Luigi Aliverti (12 gennaio 1917) : ordinato sacerdote il 18 maggio 1940, stato parroco di Livo (1940-1945), Nobiallo (1945-1955) e Brenta (1955-1971); canonico della Cattedrale (1971-1994) e canonico onorario dal 1994. Il 26 Settembre 2005 ha reso l’anima a Dio.

Mons. Angioletto Cattaneo (6 giugno 1917) : ordinato sacerdote il 18 maggio 1940, stato parroco di Veleso (1940-1950), Caslino al Piano (1950-1969) e Cermenate (1969-1975); canonico-parroco della Cattedrale (1975-1991), canonico del Duomo e dal 1991 cappellano del Monastero della Visitazione; membro del sodalizio San Giovanni Nepocumeno. É morto il 24 marzo 2016.

Don Luigi LUCINI (25 giugno 1920): ordinato sacerdote il 3 giugno 1944. Vicario a Brunate (1944/55). Cappellano all’Istituto Maria Bambina in Lovero (1955/57). Parroco di Concagno dal 1957. È morto l’8 marzo 1989, vittima di un incidente nel campanile della chiesa.

Don Giuseppe Basilico (7 agosto 1920) : ordinato sacerdote il 3 giugno 1944, è stato vicario a Grosio-Vernugo (1944-1949), Piazza Santo Stefano (1950-1952) e Sant’Agata a Como (1952-1956); parroco di Montano Comasco (1956-88). Emerito. È morto il 26 ottobre 2004 presso l’ospedale Valduce.

Don Bruno Cattaneo (8 dicembre 1921): ordinato sacerdote il 3 giugno 1944 ha operato come vicario presso la Parrocchia di Maccio (1953-1962): qui è ricordato per le innumerevoli attività in favore dei ragazzi e per l’ampliamento dell’oratorio. Di seguito fu ordinato Cappellano presso l’Ospedale di Cittiglio (1962-1965). Tornato a Rovellasca, a causa della sua salute cagionevole e di alcuni interventi chirurgici, ha prestato i suoi servizi in Parrocchia e alle Suore di Maria Bambina, alla Parrocchia “La Sacra Famiglia” di Saronno and at the Parra di Manera. È morto in un’incidente stradale a Rovellasca il 18 dicembre 1992.

Monsignor Gino Ambrogio Discacciati (7 dicembre 1930): ordinato sacerdote il 27 giugno 1954, stato vicario a Cernobbio (1954-1963), parroco di Livo (1963-1969), Gemonio (1969-1988), Capiago (1988-1997) e dal 1997 parroco-prevento di Cernobbio. Il 26 gennaio 1997 è stato nominato prelato d’onore.

Monsignor Bruno Maggioni (4 febbraio 1932): ordinato sacerdote il 26 giugno 1955. Alunno nel Seminario lombardo (1955-58), docente dell’Università Cattolica e Facoltà teologica di Milano, dal 1958 insegnante di teologia biblica al Seminario di Como. Biblista di fama internazionale, autore di libri e saggi, commentatore del Vangelo per la Rai e di varie trasmissioni televisive, conferenziere. Dal 4 luglio 1991 è prelato d’onore. È membro del sodalizio di San Giovanni Nepocumeno.  Il 29 ottobre 2020 ha raggiunto la casa del Padre.

Don Mario Borella (22 settembre 1949): ordinato sacerdote il 15 settembre 1973, è stato vicario a Sagnino (1973-1976), parroco di Orino (1976-1987), parroco-arciprete di San Giovanni (1988-1996) e parroco di San Giacomo (1992-1996), entrambi facenti parte del Comune di Bellagio; poi parroco di Puginate (1996-2000), parroco-previsto di Rovenna (2000-2006) e dal 2006 parroco nella parrocchia Santissimo Salvatore a Como.

Don Agostino Clerici (10 agosto 1959): ordinato sacerdote il 21 giugno 1991 è stato collaboratore a Santi Felice e Francesco d’Assisi (1991-1994) ea San Rocco (1994-2003), parroco a Ponzate (2003-2008) e dal 2008 parroco nella Chiesa Santa Famiglia a Chiassino e nella Chiesa Sant’Ippolito in località Casina. È stato direttore del “Settimanale” di Diocesi di Como dal 1990 al 2011.

Don Alberto Clerici (20 ottobre 1963): ordinato sacerdote il 12 giugno 1993, è stato vicario parrocchiale al Sacro Cuore di Mandello del Lario (1993-1998) e dal 1998 vicario parrocchiale a Sant’Agata di Como (1998-2003); parroco di Cagno dal 2003 e consulente ACLI dal 2008; è vicario foraneo a Vicariato di Uggiate dal 2011.

Don Sebastiano Galbusera (28 agosto 1974) : ordinato sacerdote il 12 giugno 1999, è stato vicario parrocchiale a Maslianico fino a giugno 2002: ha chiesto la sospensione per motivi personali.

Don Andrea Stabellini (10 novembre 1976) : ordinato sacerdote il 15 giugno 2002, è stato vicario di Cernobbio (2002-2004), collaboratore a Tremezzo (2004-2007), collaboratore nella Parrocchia San Martino a Rebbio (2007-2011) e vicario giudiziale nella Diocesi di Como dal 2011.

Don Luca Trainini (27 gennaio 1981) : ordinato sacerdote il 9 giugno 2012, è vicario parrocchiale a Bellagio.

Le nostre suore

Suor Ladiz – Suor Daniela Milani – Suor Giustina Paolozzi

suor Giustina in Bollettino Parrocchiale, dicembre 2014

Carissimo Don Natalino e comunità, con tanta semplicità e gratitudine desidero ringraziare lei Don Natalino, Don Davide e tutta la comunità di Rovellasca per la calorosa accoglienza che mi avete fatta all’arrivo in questo caro paese. “Grazie di cuore”! Subito mi sono sentita una di voi. Percorrendo le strade di Rovellasca ho incontrato e incontro tante persone che con tanta semplicità e gioia mi manifestano la loro simpatia ed il bene che vogliono alle suore. Un’altra esperienza molto bella è la visita ai malati, alle persone sole, agli anziani che con tanta serenità raccontano la loro vita, le loro esperienze positive e a volte negative, ma con tanta fede e la certezza che il Signore e la Vergine Santa non li hanno mai abbandonati. Che dire della scuola dell’infanzia! Della gioia e del sorriso dei nostri bimbi belli e delle loro famiglie. Mi sono sentita anche qui a mio agio. L’accoglienza fraterna della presidente Tiziana Ronchetti, della coordinatrice Giuliana Caniati e di tutta l’equipe educativa che con delicatezza e fiducia mi accompagnano in questo nuovo cammino. A voi un grazie speciale con l’augurio di Buon Anno scolastico e di ogni bene. Come potete notare anch’io sono contenta di stare qui a Rovellasca e iniziare con voi una nuova esperienza, vi assicuro la mia preghiera, la mia disponibilità e chiedo una preghiera per me, affinché insieme possiamo ogni giorno camminare sulla strada che il Dio della Vita ci farà percorrere. A tutti auguro Buon cammino d’Avvento! Con gratitudine

suor Elvira in Bollettino Parrocchiale, giugno 2014

Grazie

Sì, grazie a tutti voi della parrocchia di Rovellasca che vi siete uniti a me nel lodare e ringraziare il Signore per il dono della vocazione religiosa e perché mi ha sempre accompagnata con il Suo amore e la Sua fedeltà lungo il corso di questi 50 anni. Veramente non trovo parole per esprimere la mia gratitudine al Dio dell’Amore che mi ha chiamata, che ha fatto della mia vita uno strumento al suo servizio, un canto di gioia, che ha realizzato in me la pienezza della felicità. Felicità e gioia che mi accompagnano ogni giorno e che desidero augurare a tutte le persone che incontro, ma in particolare a voi giovani che aspirate a cose grandi, a vivere in pienezza la vita che vi sorride. A voi vorrei dire: aprite il vostro cuore alla voce del Signore, alla luce dello Spirito Santo perché possa-fare di voi il capolavoro che Dio ha progettato perché siate “grandi” e la vostra vita sia “piena”. Rinnovo il mio grazie a tutti e in particolare a quanti hanno collaborato perché la celebrazione del mio Giubileo fosse veramente un giorno di festa sotto tutti gli aspetti: spirituali e umani nella semplicità di chi sa accogliere e donare con generosità il poco e il tanto che possiede. Grazie soprattutto per la condivisione della fede che fa di noi una vera famiglia, una Comunità cristiana e parrocchiale.

suor Elvira in Bollettino Parrocchiale, marzo 2014

Carissimi parrocchiani di Rovellasca, dopo circa due mesi che sono tra voi vi porgo il mio cordiale saluto. Sono Suor Elvira, il mio nome forse si è già divulgato, forse per qualcuno può suonare nuovo. Anch’io conosco alcuni vostri nomi e ho presente l’espressione del vostro volto; col tempo desidero conoscervi più da vicino… ma per ora è già bello sapere di essere accolta, sapere che una grande famiglia mi circonda, mi considera una di loro. Una parrocchia viva con molte iniziative di carattere formativo: spirituale e comunitario. Desidero camminare insieme per un percorso di fede sempre più matura. Sono venuta tra voi perché il Signore mi ha voluta qui e sono felice di compiere la sua volontà. Mi sono sentita subito a “casa”. Sento il vostro affetto, la stima, l’interessamento… Questo mi aiuta a muovere i primi passi, mi incoraggia a donarmi senza riserve in tutto quello che mi viene offerto e che sono in grado di fare. Da queste pagine porgo a tutti il mio “grazie” mentre assicuro la mia preghiera per ciascuno di voi. Sono certa che anche voi mi sosterrete con la vostra.

suor Daniela in Bollettino Parrocchiale, settembre 2009

Carissimi parrocchiani, quando mi è stato comunicato che sarei dovuta tornare a ROVELLASCA, il mio cuore si è velato un po’ di tristezza per ciò che avrei dovuto lasciare, ma si è anche riempito di tanta gioia per ciò che mi aspettava… e con la mente sono tornata “ai tempi belli” in cui sono stata in mezzo a voi!  Mi sembra di essere sempre stata qui, perché vi ho sempre portato nel cuore e nella preghiera, affidando al Dio di ogni Bene ogni vostra necessità; …l’ambiente che ho trovato è ricco di affetto, di accoglienza, di tanta voglia di collaborare e di camminare insieme verso Gesù, questo mi rende tanto contenta! Ringrazio di cuore ciascuno di voi e con voi desidero compiere un “viaggio” ricco di serenità da donare alle vostre vite, di pace da far sgorgare dai vostri cuori e di tanta fiducia da donare a chi ha bisogno.  Con tanto affetto vi saluto e vi accompagno col mio ricordo orante nella certezza che anche voi preghiate per me e per la mia fraternità.

suor Chiara in Bollettino Parrocchiale, giugno 2009

Sono passati 800 anni da quando la Regola scritta da San Francesco è stata approvata da Papa Innocenzo III e noi ci troviamo ancora a pregarla, meditarla e assaporarla. La cosa dona stupore e meraviglia perché nonostante i tempi siano passati e siano molto diversi da quelli attuali essa è ancora viva e vivificante per l’intera famiglia francescana e per tutta la chiesa: testimonianza concreta che essa fosse voluta da Dio? Le cose di Dio sono infatti le più durature! Cerchiamo di scoprirne il segreto! “La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo”: così scrive Francesco all’inizio della Regola bollata (Rb 1,1). Il cuore di tutta la Regola è proprio questo. Francesco comprende se stesso e la vita dei suoi frati interamente alla luce del Vangelo. Questo è il suo fascino. Questa la sua perenne attualità. Tommaso da Celano riferisce che Santo Francesco portava sempre nel cuore Gesù. Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra…

Egli è diventato un Vangelo vivente, capace di attirare a Cristo uomini e donne di ogni tempo e specialmente i giovani, che preferiscono la radicalità alle mezze misure. Egli fu salutato come luce venuta a rischiarare un mondo avvolto nelle tenebre. “/’Artista e maestro di vita evangelica veramente glorioso… A tutti dava una regola di vita, e indicava la via della salvezza a ciascuno secondo la propria condizione” (1 Cel 37). Egli è stato così capace di cogliere i segni dei tempi e di tutti i tempi perché ha scrutato ogni realtà e l’ha illuminata con la Parola di Dio. Per questo il Vescovo di Assisi Guido e poi il Papa Innocenzo III riconobbero nel proposito di Francesco e dei suoi compagni l’autenticità evangelica, e seppero incoraggiarne l’impegno in vista anche del bene della Chiesa.

L’osservanza della legge per Francesco era contenuta nell’invito alla conversione e nell’esortazione a vivere secondo la forma del Signore nostro Gesù Cristo in obbedienza,senza nulla di proprio e in castità. Da qui Francesco attinge forza, creatività, coraggio, spirito e tanto entusiasmo per riprodurre nella sua vita e in quella dei suoi frati la vita del suo Signore. Anche noi, come sorelle minori, abbiamo riascoltato la chiamata a portare la pace e la riconciliazione agli uomini e alle donne del nostro tempo e a condividere con loro l’unica nostra ricchezza: il Bene, ogni Bene, il sommo Bene, il Signore Dio, vivo e vero. Con sinceri sentimenti di gratitudine in unione a tutta la nostra famiglia religiosa, sabato 18 Aprile abbiamo rinnovato la nostra consacrazione al Signore desiderando sempre più appartenerGli e corrispondere più al suo Amore fedele e profondo. Continuiamo a pregare e ad offrire le nostre vite a Lui con il vivo desiderio che ogni uomo possa incontrarLo, amarLo e servirLo in questa vita e goderLo per l’eternità

suor Estela e suor Chiara in Bollettino Parrocchiale, dicembre 2007

Scuola dell’infanzia

L’istruzione non basta, servono maestre vere. Questa constatazione nasce dalla consapevolezza che l’offerta educativa oggi in generale presenta dei vuoti. L’istruzione non basta per educare. Oggi è sempre più necessario creare strategie nuove, per coniugare BENE COMUNE e EDUCAZIONE. É essenziale mirare alla formazione del carattere. Su questo argomento sono tutti concordi – pedagogisti, sociologi, politologi, economisti – che per svilupparlo servono regole e divieti. Inoltre il bambino va provocato con una proposta credibile che susciti in lui una risposta personale. In questa linea valido aiuto arriva del metodo montessoriano. Esso mira a formare l’uomo nella sua interezza. Pertanto l’obiettivo della scuola d’infanzia diviene quello di educare il bambino alla relazione con se stesso, con gli altri, con Dio. Il metodo della Montessori ha solo un filo conduttore: l’obiettivo formativo della conoscenza di sé e la relazione con gli altri. La maestra provoca, motiva e stimola il bambino alla conoscenza di sé, all’autonomia e all’apprendimento culturale. Il bambino assimilerà quanto proposto in base alla sua maturità. L’insegnante in questo processo formativo di maturazione non si sostituisce alla famiglia e alla personalità del bambino. É comunque indispensabile la sua collaborazione con i genitori. Il risultato del processo educativo non sarà quello voluto dalla maestra e dai genitori bensì è quello della personalità del bambino, del suo essere persona. Il progresso così repentino della evoluzione tecnologica, importante per l’uomo, è oggi purtroppo spesso dissociato dalle realtà spirituali. L’uomo così non realizza se stesso. La Montessori forse i decreti ministeriali non li conosceva, ma certamente conosceva la pedagogia del bambino, futuro uomo: andava incontro alle sue esigenza proponendo cammini personalizzati aperti a tutto l’uomo e soprattutto alla sua relazione con Dio.

Suore Francescane Angeline della comunità di Rovellasca in Bollettino Parrocchiale, settembre 2002

Per conoscerci un po’ meglio…

Il Signore vi dia pace! Con questo saluto, San Francesco di Assisi era solito salutare quanti incontrava… e allo stesso modo vogliamo noi, Suore Francescane Angeline, augurarvi la pace nel nome del Signore. Cari lettori, permetteteci. Innanzitutto, di ringraziare don Roberto che ci ha offerto questo spazio sul nostro giornalino parrocchiale per poter raggiungere tutti voi e avere modo di conoscerci un po’ meglio. Cogliamo quest’occasione anche per ringraziare tutta la comunità parrocchiale di Rovellasca che da due anni ormai ci ha accolto con tanto affetto e generosità. Forse molti di voi conoscono già la nostra famiglia religiosa, tuttavia, in questo numero vogliamo un po’ presentare il nostro Istituto pensando di fare cosa gradita.

La Congregazione delle Suore Francescane Angeline è nata nella Chiesa ad opera di Madre Chiara Ricci. Madre Chiara nacque a Savona l’8 luglio 1834. A 28 anni veste l’abito francescano tra le Terziarie Francescane del Monte di Genova, dove si recò per una scelta di povertà radicale, vincendo le resistenze della famiglia, fra le più in vista di Savona. Si distinse subito per le sue doti umane e spirituali e, nel 1872, venne mandata a Rivalta Bormida (AL) a dirigere l’Educandato sorto ad opera del francescano Padre Innocenzo Gamalero. Dopo anni di fiorente attività, seguendo la chiamata dello Spirito Santo, lasciò il suo Istituto e si recò a Castelspina (AL), paese natio di Padre Innocenzo. Qui, da lui aiutata, diede vita all’Istituto delle Suore Francescane Angeline. I suoi ultimi anni furono provati da intensa sofferenza fisica e spirituale; morì a 66 anni, in concetto di santità, il primo ottobre 1900. Donna soavemente forte, seppe essere un esempio chiaro di umiltà, di profondo amore alla povertà, di totale abbandono alla volontà di Dio. La forma di vita evangelica francescana vissuta da Madre Chiara continua oggi nella nostra famiglia religiosa. Radicata nel cuore della spiritualità francescana, secondo l’anelito profondo della Fondatrice, la nostra Congregazione ha una propria fisionomia spirituale, un proprio dono carismatico che le consente di realizzare la sua specifica missione nella Chiesa.

Madre Chiara pose sin dall’inizio la sua famiglia sotto la protezione di Santa Maria degli Angeli, nel ricordo della chiesetta della Porziuncola, tanto cara a Francesco d’Assisi; da essa deriva il titolo di Francescane Angeline. Raccogliendo l’eredità spirituale ed esistenziale della Fondatrice, noi abbiamo al cuore della nostra spiritualità francescana la Porziuncola, Santa Maria degli Angeli, e ciò che essa rappresenta per la vita di San Francesco e del suo Ordine. La Porziuncola è infatti, in modo particolare, il luogo del perdono, il santuario della riconciliazione dove la misericordia di Dio diviene sorgente di pace per quanti lo cercano con tutto il cuore. Contemplando queste realtà, noi siamo chiamate a vivere e ad annunciare la pace e la riconciliazione come possibilità offerta a tutti, come dono che sgorga dall’amore di Cristo. Il sì di Cristo, pronunciato nell’Incarnazione, il sì di Maria, umile nell’accogliere la salvezza, sono il modello per la nostra vita donata: vivere ogni giorno nella fedeltà il nostro si all’amore di Dio è la condizione per incarnare ed annunciare la pace e la riconciliazione.

“Come Suore Francescane Angeline, ispirandoci alle realtà che promanano dalla porziuncola, siamo chiamate ad esprimere il mistero di umiltà e di obbedienza dell’Incarnazione, reso possibile dal fiat della Vergine madre, ed ad annunciare al mondo il messaggio della riconciliazione e della pace, espresso e ratificato dal Perdono di Assisi” (Cost. 2.3). Per tutto questo non possiamo non essere eternamente grate alla nostra amata Madre Chiara che, docile alla voce dello Spirito Santo, ha aperto questa nuova strada di carità nella Chiesa. La nostra gratitudine al Signore si accresce ancor più perché nei giorni 27 – 28 – 29 settembre p.v. sarà ufficialmente introdotto in Diocesi di Alessandria il processo di beatificazione di Madre Chiara che sarà così riconosciuta dalla Chiesa quale Serva di Dio. Questo per noi sarà un avvenimento molto importante che vedrà riunite tutte quelle persone che hanno conosciuto Madre Chiara attraverso la preghiera e che per sua intercessione hanno ricevuto grazie: sono gli Amici di Madre Chiara che speriamo siano sempre di più. Madre Chiara era solita ripetere: da noi tutti attendono… ci auguriamo che questa attesa non sia mai delusa.

Suore Francescane Angeline della comunità di Rovellasca in Bollettino Parrocchiale, dicembre 2002

“…per nome! All’origine di una storia”

Questo titolo può lasciare alcuni incuriositi o indifferenti. Nel caso incuriosisse qualcuno siamo felici di poter condividere con voi queste nostre riflessioni. Sullo scorso numero avevamo presentato la nostra famiglia religiosa delle Suore Francescane Angeline e la figura della nostra Fondatrice, la Serva di Dio, Madre Chiara Ricci. Di lei avevamo narrato qualcosa della vita e di come il Signore si sia servito della sua disponibilità per far nascere nella Chiesa la nostra famiglia. Madre Chiara (lo è per noi, ma può diventarlo per ciascuno di voi) è un esempio di come il Signore, chiamandoci alla vita, vuole fare di ciascuno di noi un capolavoro di grazia. Quando nasce un bambino, ma già prima, quando cioè si apprende la lieta notizia, la prima cosa a cui si pensa è il nome: che nome diamo al nostro bambino? Perché ci diamo un nome? Solo per una questione di ordine, di organizzazione? Sarebbe troppo poco! Dare il “nome” significa isolare, distinguere una persona dall’altra, significa creare unicità, appartenenza. Nel libro del profeta Isaia al capitolo 43,1 -3 il Signore dice: “Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome.. tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque, sarò con tè, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare; poiché io sono il Signore tuo Dio, il Santo di Israele, il tuo Salvatore”. E ancora al capitolo 45,4: “io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca…”

È il Signore, prima di ogni altra persona che ci chiama all’esistenza; chiamandoci per nome ci ha preferiti alla non esistenza e non ci lascia mai soli: ci ha promesso la sua protezione che non manca di assisterci anche se noi non lo conosciamo. Il nome, pertanto, ha un valore molto profondo perché è l’inizio di una storia: una storia d’Amore con Dio che è l’Amore. A volte la nostra vita scorre senza aver presente da dove si origina e verso chi va; del resto, nel mondo, tutto sembra indirizzarci verso un fine che, il più delle volte, ci porta al di fuori della nostra storia personale, della nostra relazione con l’Amore: che ci ha “chiamati”. È semplice quindi ritrovarsi in breve tempo in una vita che forse ha perso l’attrattiva e il senso per cui vale la pena essere vissuta. Cosa fare? Riprendere il coraggio di riscrivere la propria storia perché si è certi che la vita che abbiamo tra le mani non è fine a se stessa ma possiede, forse molto nascosto, un senso più grande che ci porta verso gli altri. Questo senso lo definiamo vocazione che non significa espressamente diventare sacerdoti, frati o suore, quanto piuttosto rispondere ad una chiamata per realizzare un progetto d’Amore: la tua storia. Ma come fare per comprendere la propria vocazione, cioè il proprio posto nel mondo? Accettando se stessi, la propria unicità, la propria irripetibilità. Riportiamo alcuni brani tratti da due articoli che Romano Guardini, grande pensatore italo tedesco, ha pubblicato nel 1992. Egli dice così:

«Oggi la frammentazione dell’io e l’eclissi del Dio biblico, il Dio personale che si rivela nell’amore, nei mille rivoli del mercato del sacro, rendono quanto mai urgente la domanda: “Chi sono io?”, domanda costitutiva del soggetto». Guardini individua la concretezza personale e finita di questo “io” che rischia sempre di essere assorbito dalla società. «A questa dispersione dell’io occorre reagire riaffermando rigorosamente l’identità della persona: “Chi sono io?”, “In che modo sono io stesso?”. Benché possa sembrare ovvia la risposta sappiamo che non lo è. Per rispondere a queste domande siamo richiamati a constatare semplicemente che io non sono io per essenza bensì sono a me “dato”. Dunque ho ricevuto me stesso. Al principio della mia esistenza sta un’iniziativa, un Qualcuno, che ha dato me a me stesso. Questo è un Dono, ma anche un Compito: collocare me nel mio stesso, quale esso è, e assumermi il compito che in tal modo mi è assegnato nel mondo: è la vocazione fondamentale, perché, a partire da ciò mi rivolgo alle cose e dentro ciò le accolgo. Non posso fuggir con la fantasia fuori dai limiti che mi pone il fatto di essere questo “io” non un altro… sarebbe fuggire da se stessi e ciò può diventare pericoloso. Neppure di fronte al male che c’è in me posso fuggire: cattive abitudini, colpe accumulate. Devo accettarle e riconoscerle… sono così, ho fatto questo… Non per dispetto. Piuttosto nella verità, perché solo questa fa superare il male. A questo punto il compito di esistere può farsi molto difficile: perché mai devo? Ho forse mai chiesto d’essere? C’è la sensazione che non valga la pena di essere se stessi: che cosa ne guadagno? Non ce la faccio più a sopportare me stesso. C’è ancora la sensazione di essere imprigionati a se stessi sempre gli stessi limiti contro cui lottare. A questo punto c’è il salto di qualità: devo rinunziare ad essere altrimenti da come sono o addirittura un altro da quello che sono … alla radice di tutto sta l’atto mediante il quale accetto me stesso. Devo acconsentire ad essere quello che sono. Acconsentire ad avere quelle qualità che ho. Acconsentire a stare nei limiti che mi sono tracciati. Questa fedeltà alla realtà offre la ragione più profonda di questa accettazione e della domanda esistenziale che vi soggiace: l’essere dell’uomo ad immagine di Dio. L’incontro con la propria realtà conduce a Colui che ne è il principio e la causa, la sorgente e l’impulso. È nel nome di Dio – che si è legato all’uomo attraverso la realtà umana e personale di Gesù Cristo; – che l’uomo ritrova se stesso, ritrova il proprio nome. Il nome nuovo di cui parla l’Apocalisse (Ap 2,17, Ap 3,1-2) non attingibile dal puro sforzo di autocognizione dell’uomo: lo si riceve nello scoprirsi come colui a cui da sempre un “Tu” si rivolge».

Questo testo di Romano Guardini ci aiuti davvero a riflettere sull’origine della nostra storia pensata da sempre come unica ed irripetibile. Per questo suggeriamo la preghiera del salmo 138 “Signore, tu mi scruti e mi conosci…” affinché ciascuno di noi trovi nell’ Amore vero il senso della propria esistenza. Fraternamente.

Suore Francescane Angeline della comunità di Rovellasca in Bollettino Parrocchiale, febbraio 2003

Dal Progetto alla Vocazione

Quando si sente parlare di vocazione è facile cadere nel luogo comune che vede la vocazione come un qualcosa di cui si parlava tempo fa, argomento interessante per pochi addetti ai lavori (preti, frati, suore, ecc.) o per pochi “bigotti” che ancora credono a “certe” cose. Per molto tempo la vocazione è stata vista come rifugio, come scelta forzata perché nella vita si è avuta una qualche delusione o perché si è avuto il timore di affrontare le difficoltà che la vita stessa comporta. Insomma, oseremo dire, una scelta di vita per gente smidollata. Ma le cose non stanno proprio così. E come stanno allora? Dietro tutto quanto si possa dire o immaginare della Vocazione, si nasconde un segreto disegno che vede la sua piena realizzazione quando un cuore si sente amato da un Amore più grande, che lo trascende e che lo avvolge…: una chiamata all’Amore! Ma vediamo di ripercorre i passi di questa “chiamata”. Nel precedente articolo avevamo balbettato qualcosa sul concepire la nostra vita come dono che si è ricevuto e che di conseguenza deve essere ridonato perché possa essere vissuto in pienezza. Ma come si passa da questa consapevolezza al dono, ossia dal progetto alla vocazione? Forse la risposta può sembrare ad alcuni ovvia, quasi scontata o per altri addirittura impossibile. Di fatto lo diventa nella misura in cui, nella nostra vita, non percepiamo quel potenziale di bene che si nasconde nel più profondo di noi stessi. Parliamo di potenziale perché, il più delle volte, non sappiamo di avere delle qualità, delle risorse nascoste che aspettano solo di essere scoperte; a volte basta poco, basta un incontro per farci accorgere di quello che si agita nel nostro cuore. Certo, c’è bisogno di un incontro; ogni incontro ci modifica e ci apre nuovi orizzonti di senso che non possono essere dati per scontati.

Ma che cosa, chi bisogna incontrare? Forse ad alcuni viene spontaneo rispondere: il Signore! Ma non è così: il Signore viene dopo. Prima di tutto devi incontrare te stesso, confrontarti con le tue paure, che spesso frenano la tua vita nel fare sul serio e fare delle scelte coraggiose… devi confrontarti con la verità di te stesso; certo, è più facile, e soprattutto più comodo, rimanere nella norma, ma, non sempre ci convivi bene perché dentro di te hai un desiderio infinito di gioia, di pienezza che spesso le scelte “normali” ti rendi conto che non riescono a soddisfare! Come orientarsi? Cosa scegliere per essere veramente felici? Al giorno d’oggi questo è molto semplice, apparentemente semplice, perché tutto ti spinge a scegliere quelle cose che ti danno un’emozione forte, istantanea… che importa se non è duratura? Guardando più in profondità tutto ciò ti porta all’incapacità di pensare e di fare una scelta che abbracci tutta la vita. Qui, però, non stiamo parlando di una ricetta per essere felici, stiamo parlando di qualcosa che vale di più: la tua vita, pensata ed amata da sempre ma lasciata alla tua libertà di essere vissuta in pienezza. È indispensabile, quindi, prendere coscienza che la tua vita viene dal mistero, dal mistero di un amore esuberante, immotivato e gratuito, che ti ha preferito alla non esistenza, e tu non capirai mai perché. D’altro canto il mistero stesso è vita, poiché è quella parte di te che non è stata ancora scoperta e vissuta. E allora, accettare il mistero, si legge in un documento pontificio (Nuove Vocazioni per una nuova Europa), è segno di intelligenza, di libertà inferiore, di voglia di futuro e di novità, di rifiuto d’una concezione ripetitiva e passiva, noiosa e banale della vita.

Se la vita è mistero, e il mistero è vita, allora è naturale che nasca in te come un bisogno di rivelazione, cui solo l’Autore della vita può dare risposta pienamente soddisfacente … E così ti ritrovi in ginocchio, a invocare il Padre perché ti riveli il senso e il posto che hai da occupare nella vita. La Vocazione, quindi, non è solo il progetto generale della propria vita, pensato da Dio e faticosamente scoperto dal credente, ma anche le singole chiamate di ogni giorno, sempre nuove eppure sempre provenienti dalla stessa fonte, dalla medesima volontà di amore nei tuoi confronti e sempre orientate verso la piena realizzazione e felicità della tua vita. Il segreto sta nell’imparare ad essere vigilanti, attenti a queste moltissime chiamate del Signore, capaci di riconoscere la sua voce e di rispondergli giorno dopo giorno. “Ogni vocazione è mattutina, è la risposta di ciascun mattino a un appello nuovo ogni giorno” (NVNE, 26). Questo deve essere la tua prima preoccupazione, quella che da senso a tutte le altre scelte della tua giornata.

Suore Francescane Angeline della comunità di Rovellasca in Bollettino Parrocchiale, aprile 2003

Servi per Vocazione…il dono di una Vita

Siamo ormai giunti all’ultima “puntata” dei nostri articoli sul tema della Vocazione e, siccome tra poco più di due mesi ci prepareremo a vivere la XL Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, ci sembra bello concludere parlando del tema che il Santo Padre ha scelto per questa giornata “La vocazione al servizio”. Lo faremo riportando alcuni brani presi dal messaggio del Papa che ci aiutano a comprendere il senso della vocazione. «Il tema del Messaggio di questa XL Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni ci invita a tornare alle radici della vocazione cristiana, alla storia del primo chiamato del Padre, il Figlio Gesù. Egli è “il servo” del Padre profeticamente annunciato come colui che il Padre ha scelto e plasmato fin dal seno materno (cfr Is 49,1-6), il prediletto che il Padre sostiene e di cui si compiace: (cfr Is 42,1-9), nel quale ha posto il suo spirito e a cui ha trasmesso la sua forza (cfr. Is 49,5) e che esalterà (cfr Is 52,13-53,12). Appare subito evidente il radicale senso positivo, che il testo ispirato da al termine “servo”. Mentre, nell’attuale cultura, colui che serve è considerato “inferiore” nella storia sacra il servo è colui che è chiamato da Dio a compiere una particolare azione di salvezza e redenzione, colui che sa d’avere ricevuto tutto quel che ha ed è, e che dunque si sente anche chiamato a porre al servizio degli altri quanto ha ricevuto. Il servizio nella Bibbia è sempre legato a una chiamata specifica che viene da Dio, e proprio per questo rappresenta il massimo compimento della dignità della persona. Nella Sacra Scrittura c’è un forte ed evidente legame tra servizio e redenzione, come pure tra servizio e sofferenza, tra Servo e Agnello di Dio.

Il Messia è il Servo sofferente che si carica sulle spalle il peso del peccato umano, è l’Agnello “condotto al macello” (Is 53,7) per pagare il prezzo delle colpe commesse dall’umanità e rendere così ad essa il servizio di cui più abbisogna. Il Servo è l’Agnello che, “maltrattato, si lasciò umiliare e non apri la sua bocca” (Is 53,7), mostrando così una straordinaria forza: quella di non reagire al male con il male, ma di rispondere al male con il bene. È la mite energia del servo, che trova in Dio la sua forza e che da Lui proprio per questo, è reso “luce delle nazioni” e operatore di salvezza (cfr Is 49,5-6). La vocazione al servizio è sempre, misteriosamente, vocazione a prender parte in modo molto personale, anche costoso e sofferto, al ministero della salvezza. Come non leggere nella vicenda del “servo Gesù” la storia d’ogni vocazione, quella storia pensata dal Creatore per ogni essere umano, storia che inevitabilmente passa attraverso la chiamata a servire e culmina nella scoperta del nome nuovo, pensato da Dio per ciascuno? In tale “nome” ciascuno può cogliere la propria identità, orientandosi verso una realizzazione di se stesso che lo renderà libero e felice. La vocazione è quindi per natura sua, vocazione al servizio generoso a Dio e al prossimo. Il servizio diventa allora via e mediazione preziosa per giungere a meglio comprendere la propria vocazione.

Gesù, il Servo e il Signore è anche colui che chiama. Chiama ad esser come Lui, perché solo nel servizio l’essere umano scopre la dignità propria ed altrui. Egli chiama a servire come Lui ha servito: quando le relazioni interpersonali sono ispirate al servizio reciproco, si crea un mondo nuovo e in esso si sviluppa un’autentica cultura vocazionale. Con questo messaggio, vorrei quasi prestare la voce a Gesù, per proporre a tanti giovani l’ideale del servizio, e aiutarli a superare le tentazioni dell’individualismo e l’illusione di procurarsi in tal modo la felicità. Nonostante certe spinte contrarie, pur presenti nella mentalità odierna, c’è nel cuore di molti giovani una naturale disposizione ad aprirsi all’altro, specie nel più bisognoso. Ciò li rende generosi, capaci di empatia, disposti a dimenticare se stessi per anteporre l’altro ai propri interessi. Servire, cari giovani, è vocazione del tutto naturale perché l’essere umano è naturalmente servo, non essendo padrone della propria vita ed essendo, a sua volta, bisognoso di tanti servizi altrui. Servire è manifestazione di libertà dall’invadenza del proprio io e di responsabilità verso l’altro; e servire è possibile a tutti, attraverso gesti apparentemente piccoli, ma in realtà grandi, animati da amore sincero. Il vero servo è umile, sa di essere “inutile” (cfr Le 17,10), non ricerca tornaconti egoistici, ma si spende per gli altri sperimentando nel dono di sé la gioia della gratuità.

Vi auguro, cari giovani, di saper ascoltare la voce di Dio che vi chiama al servizio. È questa la strada che apre a tante forme di ministerialità a vantaggio della comunità: dal ministero ordinato ai vari altri ministeri istituiti e riconosciuti: la catechesi, l’animazione liturgica, l’educazione dei giovani, le più varie espressioni della carità (cfr Novo Millennio ineunte, 46). Ho ricordato, a conclusione del Grande Giubileo, che questa è “Torà di una nuova fantasia della carità” (ibidem, 50). Tocca a voi giovani, in modo particolare, far si che la carità si esprima in tutta la sua ricchezza spirituale ed apostolica. Cari giovani, coltivate l’attrazione per i valori e per le scelte radicali che fanno dell’esistenza un servizio agli altri sulle orme di Gesù, l’Agnello di Dio. Non lasciatevi sedurre dai richiami del potere e dell’ambizione personale. L’ideale sacerdotale deve essere costantemente purificato da queste e altre pericolose ambiguità. Risuona anche oggi l’appello del Signore Gesù: “Se uno mi vuoi servire mi segua” (Gv 12,26). Non abbiate paura di accoglierlo. Incontrerete sicuramente difficoltà e sacrifici, ma sarete felici di servire, sarete testimoni di quella gioia che il mondo non può dare. Sarete fiamme vive di un amore infinito ed eterno; conoscerete le ricchezze spirituali del sacerdozio, dono e mistero divino.

Come altre volte, anche in questa circostanza volgiamo lo sguardo verso Maria, Madre della Chiesa e Stella della nuova evangelizzazione. Invochiamola con fiducia, perché non manchino nella Chiesa persone pronte a rispondere generosamente all’appello del Signore, che chiama ad un più diretto servizio del Vangelo» (Vaticano, 16 ottobre 2002, Giovanni Paolo II). Ci uniamo alle parole del Santo Padre, carissimi, per augurarvi di ascoltare la voce del Signore che chiama tutti a fare cose grandi nella vita partendo da piccole cose di ogni giorno. Vi ricordiamo nella preghiera perché tutto questo possa avvenire anche nella vostra vita.

Suore Francescane Angeline della comunità di Rovellasca in Bollettino Parrocchiale, dicembre 2003

Chi è il Papa per noi religiose

Desideriamo fraternamente con queste poche e semplici righe, comunicare la risonanza sul nostro amato Papa. Karol Wojtyla, che, fin dal primo momento del suo pontificato, ha saputo conquistare il cuore di ogni uomo, entrare con il suo cuore umano e spirituale, nelle diverse realtà ed espressioni della vita, assumendo su di sé tutto il peso e la sofferenza, ma anche la speranza e i germi di bene racchiusi in essa. Abbiamo da poco festeggiato i suoi 25 anni di pontificato e tutti ci siamo uniti spiritualmente ed affettivamente a Lui nel rendere grazie a Dio per i tanti benefici ricevuti e nella preghiera di intercessione per la sua vita. In questa ricorrenza, abbiamo rivisto, con particolare commozione, i momenti salienti e importanti del suo ministero di guida e pastore della Chiesa e dell’umanità; ci sono familiari, ci inteneriscono, certe immagini in cui lo vediamo a contatto diretto con la persona umana che rispetta in ogni fase della sua esistenza: dai piccoli, che stringe teneramente tra le braccia, agli adolescenti, ai giovani, all’adulto di ogni categoria e condizione sociale, nella salute e nella malattia: tutti accoglie e a tutti dona il suo conforto e sostegno!

Oggi, come 25 anni fa, seppure sotto i segni delta malattia, dell’invecchiamento e delle prove della vita, riemergono i tratti del suo spirito forte, tenace, fermo nel perseguire il bene, nel compiere fino in fondo il suo compito di Vicario di Cristo in terra; sentiamo vivi in lui il vigore in-teriore, la sua fede incrollabile in Cristo, l’entusiasmo e la gioia profondi, che nascono dal suo rapporto personale con Cristo: ci rivela il suo cuore di sempre, un cuore giovane, e per questo capace di affascinare ed attirare i giovani del nostro tempo. Niente lo ha fermato, niente tuttora lo ferma o lo fa indietreggiare nel suo servizio, anzi con il suo realismo e la sua umiltà, che ci disarmano e ci interrogano, ci parla della sua “fragilità” umana e invita tutta la cristianità a sostenerlo: “Vado avanti. Voi aiutatemi!” Questo suo appello, visibilmente carico di sofferenza, ma energico e determinante, ci riporta indietro nel tempo, al giorno (16 ottobre 1978) in cui, dalla loggia vaticana, appena eletto Papa salutò la cristianità, il mondo intero con le parole: “Non abbiate paura’”. Con le stesse parole di Cristo, il Papa ha rassicurato il cuore di ogni uomo, ha risvegliato negli uomini, di ogni razza e credo, la Speranza e la volontà di costruire un mondo più giusto e più umano, e in noi religiose, chiamate a seguire Cristo con radicalità e credibilità, queste sue parole hanno ridato il senso profondo della nostra presenza nella Chiesa e nel mondo, del nostro servizio ai fratelli che attendono…

Cristo è il “Tutto” per noi consacrati, è in assoluto la via, la verità e la vita, è il ‘”movente” di tutto il nostro esistere ed operare: è Lui la sorgente della nostra sicurezza. In questo il Papa ci è continuamente di sprone e di esempio credibile: fiero del suo essere di Cristo e per Cristo, in forza della sua Ordinazione sacerdotale, ha radicato la sua esistenza, il suo ministero in Cristo crocifisso, morto e risorto, ha messo ha disposizione le sue doti di grazia e di natura, a servizio della Chiesa e dei fratelli! Lungo questi suoi 25 anni di pontificato il Papa ha sempre manifestato una particolare attenzione e cura verso noi religiose; attraverso documenti, esortazioni apostoliche, decreti, lettere, conferenze, messaggi, istruzioni, ci ha spronate, incoraggiate, sostenute nel nostro impegno ad essere nel mondo segno visibile e credibile della presenza di Cristo, ad essere segno di unità e di comunione fra tutti gli uomini, a vivere con fedeltà la nostra identità di consacrate, a “farci prossimo” ai tanti fratelli che soffrono nel corpo e nello spirito. Egli ha parlato e parla, tuttora, a noi con la sua forza irrompente di padre amoroso, ma soprattutto con la sua esperienza di uomo “afferrato totalmente da Cristo”, che vive di Cristo, per Cristo e per la sua Chiesa. È la sua stessa vita che ci parla, ci entusiasma, ci trascina, ci indica come andare ai fratelli, come essere nella Chiesa e per la Chiesa, come spendere la nostra vita per il regno di Dio. Egli ci parla con

• la forza del suo instancabile servizio ministeriale,

• la sua radicalità e fermezza nell’annuncio del Vangelo,

• la sua passione apostolica e missionaria,

• il suo amore alla Chiesa e ad ogni uomo, particolarmente ai più piccoli, agli emarginati,

• la sua voce determinata e ferma in difesa dei diritti umani,

• il suo coraggio e la sua tenacia nel denunciare il male, ogni forma di ingiustizia, nel dire: “No, alla guerra”!

• la sua chiarezza e la franchezza nell’indicare le vie per una convivenza umana, pacifica, rispettosa e benevola fra tutti gli uomini, fra tutti i popoli,

• la sua umiltà nel riconoscere e nel chiedere perdono per gli errori commessi dalla Chiesa,

• la sua capacità di accogliere e di ascoltare l’uomo”, ogni uomo, senza fare differenza o distinzione di età e cultura, di riconoscere in lui “Cristo”, da accogliere, amare e servire,

• la sua particolare predilezione per i giovani, “sentinelle del mattino”, futuro della Chiesa e della società in cui riporre fiducia, speranza e grande attese.

• il suo costante invito, rivolto a tutti i battezzati, alla santità della vita, proponendoci e additandoci i Santi del nostro tempo, come compagni di viaggio e intercessori presso Dio,

• ma, particolarmente la sua fede incrollabile in Cristo morto e risorto per ogni uomo, il suo amore alla Croce, all’Eucaristia, unitamente all’amore filiale e fiducioso nella Vergine Maria!

Vogliamo concludere queste nostre riflessioni, tentando dì racchiudere la grandezza e la ricchezza umana, morale, culturale, civile, cristiana, religiosa, pastorale di questo nostro caro Papa con un appellativo significativo: Giovanni Paolo II è il “Profeta”’ di cui avevamo bisogno e che Dio, nella sua grande bontà, ha inviato a noi, ha fatto “fiorire” nella Chiesa di oggi, nel nostro mondo. Dio ci ha fatto dono di un “Profeta” franco e coraggioso, che ci ha parlato e ci parla dell’amore e della misericordia dì Dio manifestatisi a noi attraverso la Croce di Cristo, un profeta che non teme di far udire, di alzare la sua voce per rivendicare i diritti di ogni uomo, popolo e nazione, che parla in difesa dei deboli, degli indifesi, degli emarginati, che denuncia ogni fonte di ingiustizia e sopruso, che cerca instancabilmente la pace, la giustizia, la fratellanza fra tutti i popoli.

A Dio sale il nostro grazie per avercelo donato, come Vicario di Cristo, come guida sicura nel nostro pellegrinaggio terreno, come Padre amoroso che si china, ancora oggi, nonostante la sua debolezza fisica, sulle numerose piaghe della nostra società come fratello con cui condividere la sofferenza e le conquiste della nostra umanità … Al nostro amato Papa vogliamo esprimere tutto il nostro affetto, la nostra gratitudine, la nostra fedeltà e obbedienza a lui e alla Chiesa: dopo la Parola di Dio, la parola del nostro Papa costituisce, per noi religiose, il punto di riferimento, l’orientamento sicuro: è mediatore della volontà dì Dio! Grazie, Papa Giovanni Paolo II: sei nel nostro cuore, nella nostra preghiera quotidiana! Il Signore continui a sostenerti nel tuo ministero di Pastore e dì guida di tutti noi, ti dia salute e forza per riportare a Dio coloro che ti sono stati affidati, per difendere e salvaguardare la nostra Chiesa dagli errori derivanti dalla nostra cultura consumistica ed egoistica. Il suo Spirito di luce e di amore ti conforti sempre! Non temere, non sei solo! Siamo con te, nella Chiesa e per la Chiesa!