Il Signore si fida di noi (Lc 19,11-28)

Oggi il Signore ci raggiunge con una parabola, detta delle dieci mine, che è piuttosto nota e che viene riportata non solo nel vangelo di Luca, ma parallelamente, in un altro dei vangeli sinottici, quello di Matteo, con il nome di parabola dei talenti.

Spesso questa parabola viene interpretata, per lo più dalla credenza popolare, come la parabola nella quale il Signore chiede di mettere in mostra i propri talenti, cioè le proprie capacità. D’altra parte, ad una lettura attenta, resta difficile comprendere fino in fondo che cosa significhi che vengano moltiplicate o raddoppiate le capacità di una persona.

È più semplice, come riporta l’interpretazione coraggiosa di qualche esegeta, associare i talenti (o le mine), che sono delle unità di misura, alle responsabilità, ovvero ad un compito che, come i talenti, ha un certo peso.

È proprio vero che chi si assume delle responsabilità e si impegna a portarne il peso, verrà poi premiato, se è onesto, con altre responsabilità. Questo perché dietro a tutto ciò non vi è soltanto l’impegno e la bravura, che non sono la parte preponderante, ma la fede in ciò che ci viene affidato. Ciò che abbiamo tra le mani ci è dato per dono e non per merito, e possedere tante responsabilità è essere custodi di qualcosa che non ci appartiene, ma di cui dobbiamo avere cura.

La nostra storia (Lc 19,1-10)

Oggi ascoltiamo la storia di un pubblicano molto noto: Zacchèo. Questo uomo, come tutti i pubblicani, non era ben visto dai suoi concittadini, e il motivo di questa reputazione era proprio quella bassezza di cui parla il Vangelo. Nel racconto, infatti, è scritto che Zacchèo voleva vedere chi fosse Gesù, ma non gli era possibile a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Una statura certo fisica, ma anche morale ed esistenziale.

Probabilmente il desiderio profondo di Zacchèo era quello, non solo di vedere, ma anche di incontrare Gesù e di stare con Lui, per raccontargli della sua statura e della sua volontà di operare una scelta di vita, abbracciando la buona notizia. Questo uomo aveva infatti deciso in cuor suo di accogliere la vita di Gesù, e il primo passo da lui compiuto fu appunto quello di guardarlo.

E come sempre accade nella vita di fede, quando il desiderio di incontrare Gesù è profondo e vero, è Lui stesso che ti viene incontro, e così è stato per Zacchèo. Il Signore alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».

La storia di Zacchèo è un po’ la nostra storia, poiché anche noi sappiamo di essere peccatori e desideriamo che il Signore venga a salvare la nostra miseria, e mediante la Sua via, giunga a sanare il nostro debito: per questo siamo disposti a farlo entrare nella nostra dimora interiore. La storia di quest’uomo ci insegna che occorre essere sempre persone di speranza, e mentre noi, nonostante tutto, raccontiamo le nostre miserie al Salvatore, Lui trasforma la nostra esistenza in una meraviglia, cioè in una vita completamente volta a Lui. Che la fede di Zacchèo sia un po’ la nostra fede e che la sua tenacia e determinazione, diventino le nostre.

Un grido pieno di significato (Lc 18,35-43)

È proprio una grande fede quella che anima il cieco della parabola di oggi. Egli che ormai è destinato a rimanere seduto, si sente investito di una nuova speranza e chiede aiuto. E una delle bellezze di questo racconto è che il cieco non domanda niente di più di ciò che gli manca: non vuole ricchezze o benessere, ma tornare a vedere la luce. Il cieco riconosce in Gesù l’unico salvatore della sua vita e non si vergogna di mostrarlo agli altri, anzi ci mette tutto sé stesso per riuscire a raggiungere il Maestro: per far sì che qualcuno lo ascolti.

Inoltre, il cieco grida, e questo grido scatena tante reazioni che forse sono anche le nostre quando sentiamo il grido di chi ha bisogno. Il grido di questo pover’uomo da un lato mostra le reazioni che si hanno di fronte alle povertà e dall’altro descrive le nostre povertà, ovvero che anche noi a volte avremmo bisogno di gridare.

Da un lato il grido smaschera la paura che anche noi abbiamo nel tendere le mani per aiutare qualcuno che ci chiede aiuto e la diffidenza che ci invade quando dobbiamo lasciarci coinvolgere, poiché è più facile dire di no. Dall’altro il grido è ciò che vorremmo anche per noi, per dire esisto. Oggi lo si dice in tanti modi, anche assurdi, ma si fatica a rivolgersi a Dio, che tutto sommato non ci respinge mai. Buona giornata e buon cammino di fede.

L’uomo e Dio

Il vangelo di questa domenica tratta alcuni argomenti molto delicati e ci chiede di compiere delle scelte piuttosto radicali. Ci domanda di essere testimoni di Cristo, disposti ad essere traditi, odiati, perseguitati a causa del Suo nome e addirittura uccisi a causa Sua. Queste richieste sembrano, e forse lo sono, molto lontane dalla nostra realtà, ma non è così per tutti i cristiani del mondo, se pensiamo a quanti subiscono oltraggi e sono sacrificati per il nome di Cristo.

Nel racconto Gesù accenna a fatti catastrofici che dovranno capitare, e che non mancano nemmeno ai nostri tempi, parla di guerre tra nazioni e tra regni, e anche quelle sono sotto gli occhi di tutti, e dice di non lasciarsi ingannare da chi si sostituisce a Lui, offrendo forme di Salvezza a buon mercato.

Inoltre, e forse quest’ultima è la parte che fa maggiormente riflettere e su cui è bene soffermarsi, assicura che oltre a quello che succederà, saremo anche consegnati nei tribunali a motivo del Suo nome e saremo traditi anche dalle persone più care, quelle più vicine a noi, i familiari e gli amici. Queste ultime raccomandazioni mostrano chiaramente che essere discepoli di Cristo richiede una vera e grande fede, poiché ci è domandato di anteporre Lui a tutto il resto.

Mettere Cristo al primo posto della nostra vita, senza aver paura di perdere ciò che crediamo di poter trattenere con le nostre forze, non è affatto semplice, perché ci si deve fidare di un altro, abbandonandosi tra le sue braccia. Per esempio, affrontare e scontrarsi con una persona che ci vuole bene e a cui noi ne vogliamo, per il nome di Cristo, sembra oggi una cosa assurda, eppure c’è in gioco la Verità, c’è in gioco la capacità di rimettere in fila le cose, dicendo: «Io non sono Dio».

La preghiera quotidiana ci tiene in piedi, nonostante tutto (Lc 18,1-8)

Oggi Gesù ci racconta una parabola sulla necessità di pregare sempre. In questo racconto si parla di un giudice che non teme Dio, che non ha riguardo per alcuno e che si trova a dover affrontare una causa sconveniente, anche da un punto di vista economico: una vedova chiede che sia fatta giustizia per lei. Il giudice non ha tempo per queste cose ed è stanco di continuare a sentire la voce di questa donna importuna, questo grido che continuamente arriva ai suoi orecchi; perciò, decide di aiutarla proprio per togliersela di mezzo. Questa azione che vista da fuori è buona ma che in fondo nasce da una intenzione cattiva, viene presa come modello di paragone per indicarci la bontà vera, quella di Dio.

La preghiera insistente della donna arriva all’orecchio di un uomo privo di misericordia, eppure viene esaudita, e Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano notte e giorno verso di lui? Il Signore Gesù ci assicura che è così: «Dio farà loro giustizia prontamente».

A volte però, a ben guardare, sembra che non ci sia una giustizia divina, perché succedono delle disgrazie, anche a noi o ai nostri cari. Perché? Dove sta la giustizia divina? Forse la giustizia di Dio non ha gli stessi criteri della nostra, forse Dio non guarda chi è buono agli occhi dell’uomo o chi non lo è, e infligge una punizione; forse il male non viene da Lui ma da Satana. Allora quando siamo nelle avversità ciò che Dio certamente fa, in modo giusto, è di starci sempre accanto con la sua presenza consolante, con la forza del Suo Spirito Santo, dandoci quella forza. La giustizia sta nel non essere lasciati soli da Dio e nell’essere sempre in relazione con Lui e avere fede in Lui, nonostante tutto. La preghiera quotidiana, quella relazione con Lui, è quindi il nutrimento spirituale che mantiene in comunione con Dio dentro un dialogo intimo e personale. La preghiera quotidiana ci tiene in piedi, nonostante tutto. Buona giornata 🙂