Dare tutto (Lc 21,1-4)

Oggi il vangelo di Luca ci porta nel tempio e ci mostra un Gesù osservatore. Egli guarda con attenzione le persone che gettano il loro obolo nelle casse del tempio, e da un gesto esteriore, trae un’osservazione sullo stile di vita di queste persone. C’è una relazione tra i nostri gesti esteriori e la nostra capacità di donarci liberamente.

È una questione sempre molto delicata e spinosa allo stesso tempo. Spesso ci capita di donare qualcosa o di fare elemosina o di dare il nostro tempo, ma abbiamo mai pensato per chi facciamo tutto ciò? Se c’è una persona (o più persone) per cui lo facciamo, ecco che la nostra capacità di dono si sviluppa e matura sempre di più, se invece lo facciamo solo per noi o per metterci in mostra, come i ricchi che gettano del loro superfluo, allora questa capacità di dono si assottiglia ed è solo un’illusione che accompagna la nostra vita.

Proviamo quindi ad imitare la povera signora, che dà tutto, senza risparmiarsi. Buona giornata a tutti.

La certezza della Verità (Lc 23,35-43)

Oggi, XXXIV domenica del tempo ordinario, nonché ultima domenica dell’anno liturgico, la comunità e la Chiesa intera festeggiano la solennità di “nostro Signore Gesù Cristo re dell’universo” e, in questa ricorrenza, la liturgia ci fa rivivere – nel Vangelo – un momento cruciale del passaggio di Cristo al Padre: quello in cui nostro Signore viene appeso alla croce, che era strumento di derisione, di sofferenza e di morte.

Gesù è lì sulla croce e tutto il popolo, in una scena che fa salire la suspense, lo sta a vedere. Il popolo non fa nulla, se non guardare. Questa passività, data certamente dall’impossibilità di intervenire durante un’esecuzione condotta dai soldati dell’Impero Romano, era probabilmente anche figlia di un desiderio che albergava, in quel momento, nel cuore di tutti: vedere la Salvezza di Dio, mediante la morte di Cristo. E questa Salvezza, che nel momento della crocifissione di Gesù non sembra apparire, poiché questo strumento di morte era un destino comune a molti, è invece presente proprio da questo frangente della vita del Signore, perché sulla croce Gesù mostra fino in fondo “chi” è, e qual è il Suo stile di vita.

Cristo in croce è il Re dell’universo, un Re con una corona ed un trono diversi, e un capo apparentemente impotente che tiene in mano uno scettro, che è il bastone dello scherno. Poi è Re dell’universo: di quell’universo interiore che è la nostra coscienza e – in quanto creatore – di tutto il creato che è fuori di noi e ci circonda. È uno che domina attraverso l’ubbidienza al Padre, e dentro questo stile di sottomissione, non ha paura nemmeno della morte, perché è certo della Verità di cui è portatore: che Dio Padre ci salva.

Un’esistenza nuova (Lc 20,27-38)

L’episodio evangelico mette in scena l’incontro di Gesù con un gruppo di sadducei, coloro che rifiutavano la risurrezione dai morti. Lo scopo della loro domanda è di mettere in imbarazzo Gesù. Con un esempio concreto, cercano di mostrare che l’idea della risurrezione è ridicola ed è estranea alla Scrittura, e cercano di dimostrarlo attraverso un esempio ricavato dalla legge di Mosè (cf. Dt 25,5-10).

Nella sua risposta Gesù cita sorprendentemente Es 3,6, che è un testo su Dio e non sulla risurrezione. Gesù conduce il discorso alla radice, cioè alla rivelazione del Dio vivente e alla sua fedeltà: se Dio ama l’uomo, non può abbandonarlo in potere della morte.

Ma la risposta di Gesù polemizza anche con quei farisei, che concepivano la risurrezione in termini materiali, prestandosi in tal modo all’ironia degli spiriti più liberali, ironia di cui il racconto evangelico offre un ottimo esempio: una donna ebbe sette mariti, nella risurrezione di chi sarà moglie? Gesù afferma che la vita dei morti sfugge agli schemi di questo mondo presente: è una vita diversa perché divina ed eterna; verrebbe da rassomigliarla a quella degli angeli (cf. v. 36).

Si può aggiungere un ultimo, importante aspetto. Il Vangelo di Luca si rivolge anche a destinatari provenienti dal mondo ellenistico, che non accettavano la risurrezione del corpo: il corpo è la prigione dello spirito e la salvezza consiste, appunto, nel liberarsene. Il pensiero greco è fondamentalmente dualista, e parla volentieri di «immortalità», ma non di risurrezione. Di fronte a questa mentalità l’evangelista si preoccupa di spiegare che la risurrezione non è un prolungamento dell’esistenza presente o la rianimazione di un cadavere, ma un salto qualitativo. Un’esistenza nuova. (Tratto da don Bruno Maggioni)

Gesù è il Tempio (Lc 19,45-48)

La lettura di oggi mette in evidenza l’importanza del Tempio (di Gerusalemme) e mostra come l’interpretazione cristologica di questi versetti, trasforma un luogo di fede nella fede in una persona. Gesù, infatti, trovandosi al Tempio di fronte a Giudei che non onoravano i veri motivi per cui salire in questo luogo di preghiera, mise in crisi la loro struttura mentale e di fede, equiparando il Tempio di mattoni alla Sua persona.

Gesù compie una trasformazione straordinaria perché converte lo sguardo di fede di quelle persone, e anche il nostro, verso il vero luogo da adorare: Lui e la sua Risurrezione. Ricordiamoci che non siamo più legati ad uno spazio fisso, morto, ma ad una persona, viva, che ci rende vivi al presente. Buona giornata a tutti.

Quali responsabilità? (Lc 19,41-44)

Ora il Signore Gesù è davvero vicino a Gerusalemme; è così vicino che vede la città e questa vista gli fa fare quelle considerazioni che lo rattristano. Gerusalemme non ha compreso ciò che porta alla pace, o meglio ancora “chi” porta alla pace: il Cristo. Gerusalemme pensa di poter fare da sé, come noi uomini pensiamo di potercela cavare con le nostre forze, ma poi cadiamo in ideologie. E quella pace di cui parla l’uomo non coincide più con la vera pace, che è la Sua, ma con una assenza di guerra, che seppur tanto, è troppo poco.

E nemmeno quella ci sarà, perché il Signore predice una catastrofe su Gerusalemme, che poi è una disfatta dei suoi abitanti, oltre che della città. Il tentativo di una pace che non provenga dall’alto, dall’ascolto della Sua Parola, dall’agire il Suo stile, si ridurrà – dice Gesù – in assedi e distruzioni, non solo delle pietre del tempio, ma anche delle pietre vive che costituiscono il popolo di Israele. Pochi hanno riconosciuto “la pace”, pochi sono riusciti a vedere in Cristo e nella Sua vicenda la Salvezza della vita e del mondo intero. Anche oggi, forse, pochi vedono in Cristo questa possibilità di Salvezza totale e cercano di salvarsi da sé poiché il Cristo è nascosto ai loro occhi. Chiediamoci perché e se in questo, noi cristiani, abbiamo qualche responsabilità. Buona giornata a tutti.