BEATI!!!

La pagina del Vangelo di oggi ci invita a riflettere sul senso profondo dell’avere fede, che consiste nel fidarci totalmente del Signore. Si tratta di abbattere gli idoli mondani per aprire il cuore al Dio vivo e vero; Egli solo può dare alla nostra esistenza quella pienezza tanto desiderata eppure difficile da raggiungere. Sono molti, infatti, anche ai nostri giorni, quelli che si propongono come dispensatori di felicità: vengono e promettono successo in tempi brevi, grandi guadagni a portata di mano, soluzioni magiche ad ogni problema, e così via. E qui è facile scivolare senza accorgersi nel peccato contro il primo comandamento: cioè l’idolatria, sostituire Dio con un idolo. Idolatria e idoli sembrano cose di altri tempi, ma in realtà sono di tutti i tempi! Anche di oggi. Per questo Gesù ci apre gli occhi sulla realtà. Siamo chiamati alla felicità, ad essere beati, e lo diventiamo fin da ora nella misura in cui ci mettiamo dalla parte di Dio, del suo Regno, dalla parte di ciò che non è effimero ma dura per la vita eterna. Siamo felici se ci riconosciamo bisognosi davanti a Dio e se, come Lui stiamo vicino ai poveri, agli afflitti e agli affamati.

A NOI LA SCELTA!!!

«Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici». L’evangelista Luca è l’unico che aggiunge questo particolare, prima di scegliere il gruppo dei dodici Gesù ha passato l’intera notte a pregare. Un gruppo che avrebbe dovuto seguirlo più da vicino, essere istruito, aiutarlo, preparagli la strada dell’annuncio. Ne sceglie dodici richiamando le tribù di Israele, come ad indicare un nuovo Israele. Il vangelo di oggi ci dice chiaramente che la scelta degli apostoli furono vagliati in preghiera per un’intera notte da Gesù. Avrà pensato a questa squadra mettendo insieme caratteri, sensibilità, mentalità, approcci, modi di vivere molto diversi tra di loro. Diversità fondata però su un’unica pietra angolare: Cristo e con Cristo il Padre. Ma chi pensa che la Chiesa sia una comunità perfetti si sbaglia di grosso… Gesù scegli dodici persone l’una diversa dall’altra. Non chiama dodici persone perfette, ma da loro un’unica: la libertà! cioè seppur scelti, gli apostoli sarebbero sempre rimasti liberi anche di fare il contrario, di pensare il contrario, di scegliere il contrario. La prova di questa libertà si chiama Giuda. Dio non costringe mai nessuno, perché non vuole dei servi ma dei figli. Non vuole sottomissione ma amore. Gesù chiama anche noi oggi a seguirlo…e anche a noi lascia la libertà di seguirlo… a noi la scelta…

Ps. Una preghiera per Erika e Michele che oggi con il sacramento del Matrimonio diventano ancor di più riflesso dell’amore di Dio per ognuno di noi.

LIEVITO NUOVO

Mentre il Signore Gesù si apre alla sofferenza dell’uomo con la mano paralizzata e si fa carico del suo dolore, il cuore degli scribi e dei farisei si riempie del veleno della «collera». Questa collera è segno di come gli scribi e i farisei si sentano profondamente destabilizzati dal modo con cui il Signore Gesù guarda alla realtà che lo circonda. Laddove scribi e farisei riducono l’altro a un caso che deve stare ben incasellato al suo posto senza disturbare l’ordine prestabilito e a cui si è ormai abituati, il Signore cerca di aprire il cuore dei suoi ascoltatori a un modo diverso di considerare il confine tra bene e male. «in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?» Con queste parole, il Signore Gesù ci mette in guardia: non fare il male non è sufficiente; occorre invece rimboccarci le maniche e agire per il bene, e il bene non è semplice rispettare la Legge ma è sempre la preoccupazione di guardare al bene nostro e del prossimo dilatando il nostro cuore all’amore. Siamo chiamati ancora una volta a convertire il nostro cuore, a togliere da noi il lievito vecchio, come ci dice san Paolo, per far lievitare la nostra vita con il lievito nuovo che è Cristo… buona giornata, don Michele

SEGUIAMO IL SIGNORE

Circondato da una «una folla numerosa», il Signore Gesù non si lascia per nulla incantare dal fascino dei grandi numeri, che spesso seducono e ingannano. Si gira verso i tanti discepoli che stanno camminando dietro a lui e decide di scuoterli precisando alcune condizioni: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo». Aggiunge pure un’ulteriore precisazione: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». Gesù sembra voler chiedere anche a noi oggi se siamo davvero disposti a scommettere la nostra vita sulla sua Parola, oppure siamo ancora prigionieri di quei legami affettivi e di quella cura per noi stessi che, per quanto importanti, non possono introdurci nella vita nuova del Vangelo. Per essere discepoli del Regno occorre “molta libertà”. E per essere liberi è necessario costruire e combattere ogni giorno, come Gesù stesso osserva, attraverso l’immagine della «torre» da edificare e della «guerra» da affrontare. Il primo avversario è il nostro «io», i nostri continui bisogni di rassicurazione. Essere cristiani, cioè uomini e donne in cui cresce la vita e la maturità di Cristo, significa abbracciare una vita che punta all’amore più grande e in cui si manifestano le opere stesse di Dio.

PRENDERE IL PROPRIO POSTO

La liturgia di oggi, nonostante le apparenze, non parla tanto di noi, quanto del Signore Gesù! Il versetto che introduce il brano del Vangelo è di somma importanza per comprendere il resto. Siamo in giorno di «sabato» e il Signore Gesù viene invitato a pranzo in casa di un fariseo e tutti stanno a osservarlo. La consuetudine voleva che ciascuno occupasse il suo posto in considerazione del proprio e dell’altrui rango. Ecco perché tutti stanno a osservare – come già in altre occasioni e in particolare in giorno di sabato – quale sarà il posto che il Signore andrà a occupare… così da desumere quale posto voglia occupare e così quale sia l’autocoscienza riguardo alla propria identità e alla propria missione. Per gli astanti è di certo assai difficile comprendere che la coscienza chiara di essere «mediatore dell’alleanza nuova» (Eb 12,24) non ha nulla a che fare con la ricerca affannosa – e talora così patetica – di un posto d’onore che umili gli altri. Al contrario delle aspettative e delle consuetudini, il Signore Gesù sembra restare in piedi e manifestare chiaramente di non voler occupare nessun posto! Ancora una volta, attraverso una parabola, il Maestro svela e smaschera quello che forse i suoi co-invitati si aspettano e temono: scegliere un posto troppo onorevole per doverlo vergognosamente cedere a un altro, oppure fare di tutto per essere preferiti e onorati davanti a tutti… cosa che però non è assolutamente così certa. Inoltre, il Signore Gesù si rivolge direttamente a colui che lo ha invitato e, indirettamente, lo ringrazia per averlo onorato di essere suo commensale e suo ospite, proprio perché lo ha ritenuto alla pari degli «storpi, ciechi, zoppi…» (Lc 14,13) i quali non possono ricambiare. Quello è il posto di Gesù: tra quelli che non possono ricambiare! L’unica volta che il Signore invita a cena qualcuno è per dire che la sua vita è tradita e offerta come una burla. Sì, oggi Gesù non parla di noi, parla di se stesso e sembra dire a ogni uomo e donna: «prego, dopo di lei…»! …buona domenica, don Michele