Accogliere con fiducia e coraggio (Lc 14,12-14)

Oggi nel vangelo di Luca, il Signore Gesù dà un suggerimento non semplice da realizzare. È un’azione pratica, di per sé anche molto semplice, ma che richiede tantissima fiducia, distacco dalle proprie cose e coraggio.

Chi non si è mai trovato di fronte ad una persona bisognosa? E chi di fronte a questa persona non si è domandato se lo fosse davvero oppure se fosse soltanto un imbroglione in cerca di guadagno facile? Purtroppo, siamo così bombardati da ciò che accade intorno a noi, che non riusciamo più a fermarci un attimo per stare con le persone che davvero necessitano di una mano, di una parola, o come ci insegna il vangelo, di un piatto caldo.

È estremamente più facile invitare a pranzo o colloquiare con le persone che già conosciamo e che a loro volta possono ricambiare i favori, ma non è questa la logica del vangelo, questo dovrebbe farci riflettere. Cristo ci chiede di andare oltre, di abbandonare le nostre comodità e le nostre certezze, per andare incontro anche all’ignoto, con tanta fiducia, distacco dalle proprie cose e coraggio. Cristo ci chiede di far prevalere le relazioni e la gioia di chi non può, per condizione propria, vivere in una condizione decente. Buona giornata a tutti.

La nostra storia (Lc 19,1-10)

In questa XXXI domenica del tempo ordinario ascoltiamo la storia di un pubblicano molto noto: Zacchèo. Questo uomo, come tutti i pubblicani, non era ben visto dai suoi concittadini, e il motivo di questa reputazione era proprio quella bassezza di cui parla il Vangelo. Nel racconto, infatti, è scritto che Zacchèo voleva vedere chi fosse Gesù, ma non gli era possibile a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Una statura certo fisica, ma anche morale ed esistenziale.

Probabilmente il desiderio profondo di Zacchèo era quello, non solo di vedere, ma anche di incontrare Gesù e di stare con Lui, per raccontargli della sua statura e della sua volontà di operare una scelta di vita, abbracciando la buona notizia. Questo uomo aveva infatti deciso in cuor suo di accogliere la vita di Gesù, e il primo passo da lui compiuto fu appunto quello di guardarlo.

E come sempre accade nella vita di fede, quando il desiderio di incontrare Gesù è profondo e vero, è Lui stesso che ti viene incontro, e così è stato per Zacchèo. Il Signore alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».

La storia di Zacchèo è un po’ la nostra storia, poiché anche noi sappiamo di essere peccatori e desideriamo che il Signore venga a salvare la nostra miseria, e mediante la Sua via, giunga a sanare il nostro debito: per questo siamo disposti a farlo entrare nella nostra dimora interiore. La storia di quest’uomo ci insegna che occorre essere sempre persone di speranza, e mentre noi, nonostante tutto, raccontiamo le nostre miserie al Salvatore, Lui trasforma la nostra esistenza in una meraviglia, cioè in una vita completamente volta a Lui. Che la fede di Zacchèo sia un po’ la nostra fede e che la sua tenacia e determinazione, diventino le nostre.

Amicizia o opportunismo (Lc 14,1.7-11)

Come già accaduto nei giorni scorsi, il Vangelo pone la sua attenzione sulla virtù dell’umiltà e ci insegna ancora una volta l’arte di saper stare di fronte a Dio e al prossimo in un certo modo.

La parabola di cui si serve oggi il Signore, raccontata durante un pranzo in casa di uno dei capi dei farisei, tratta la storia di un uomo che è invitato a nozze e che deve occupare un posto a tavola. Questo uomo, estremizzando la situazione, ha due possibilità opposte: scegliere i posti davanti, i primi posti, quelli riservati alle persone più importanti e più vicine al festeggiato, oppure andare a sedersi all’ultimo posto, quello riservato alle persone di poco rilievo, lontane da chi ha organizzato il banchetto.

Il Signore consiglia di andare ad occupare gli ultimi posti, affinché se l’amicizia e l’affetto che legano l’uomo al festeggiato è grande, l’invitato sarà chiamato ad occupare un posto migliore, mentre se l’uomo era stato invitato per fare numero, resterà lì, dove si è seduto, senza subire alcuna vergogna.

Gesù oggi ci insegna a non presumere mai di avere diritto ad occupare un certo posto nella vita di una persona, ma di accettare semplicemente l’invito a stare con lei, e attendere che essa mostri il perché dell’invito: amicizia e stima vere oppure opportunismo. Buona giornata.

Mandati per annunciare (Lc 6,12-19)

In questo giorno di festa, nel quale ricordiamo gli apostoli Simone e Giuda, il Signore ci ricorda ancora una volta che siamo dei mandati, poiché l’opera di evangelizzazione parte non tanto da noi, dalla nostra volontà, dalle nostre buone azioni o dai nostri meriti e capacità, quanto dall’azione di preghiera di Cristo stesso, che in piena comunione con Dio Padre, ci chiama alla Sua sequela, per mandarci a portare la buona novella. Il nostro seguire Cristo è un’azione di risposta libera, che noi in coscienza diamo a chi ci chiama e ci manda per le vie del mondo.

Insieme a questa certezza, sappiamo che istituzionalmente gli apostoli chiamati da Gesù hanno avuto, nel corso della storia, dei successori, e questi successori sono i Vescovi della Chiesa. Oggi quindi, insieme a coloro che fanno da cerniera tra Dio e l’uomo, gli apostoli, ricordiamo anche chi guida il cammino della Chiesa diocesana, il nostro Vescovo.

Come gli apostoli sono stati al fianco di Gesù nella sua missione e sono andati nel mondo una volta mancato il Cristo, così anche noi ci impegniamo, in comunione con il nostro pastore, a stare con Lui nella preghiera, nella comunione e nei poveri e allo stesso tempo ad andare ad annunciare. Il Signore si fida di noi. Buona festa.

Un nuovo sguardo (Lc 13,31-35)

Nel racconto di oggi la città di Gerusalemme è messa in rilievo. Gerusalemme è importante perchè, oltre ad essere storicamente una capitale religiosa, politica ed economica, è soprattutto un simbolo, perchè è un luogo di trasformazione della fede. Dire Gerusalemme è evocare l’inizio della storia cristiana, è ricordare tutta la storia del nostro Dio, è riportare alla mente una serie di cambiamenti che ci permettono di riconoscere la verità di Dio.

Questa verità non voleva essere vissuta dai suoi abitanti, che non erano pronti (non tutti) per il cambiamento radicale poratto da Gesù. Gerusalemme, di fronte al Dio che scaccia il male, guarisce dalle malattie e perdona i peccati, grida allo scandalo e finge di volerlo proteggere da chi lo vorrebbe morto: Erode. In realtà quella presunta protezione è una buona scusa per cacciarlo via da là; per non dover mettersi in discussione di fronte al cambiamento.

Gesù vuole mostrare la potenza del Padre, lì in Gerusalemme. Egli vuole condannare la condotta di vita che porta alla morte, per proclamare e promuovere quella che conduce alla vita: la vita vera del Risorto. Egli vuole aiutare anche noi ad alzare lo sguardo, per vedere che c’è un modo di vivere che non ci lascia ripiegati su noi stessi, ma che ci proietta, sorretti dallo Spirito del Padre e del Figlio, verso l’altro. Buona giornata 🙂