Gesù muore e risorge e “sta in mezzo” alla vita degli uomini, li ascolta, li istruisce e li introduce, secondo il loro passo, alla vita piena. L’immagine che delinea questo accompagnamento è presentata dalla Liturgia della Parola di questa domenica nella figura del Buon Pastore. Gesù cura e custodisce coloro che gli sono affidati con la sollecitudine del pastore… egli, di certo, non è un mercenario! Non se ne è andato abbandonando i suoi in balia del lupo! «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me». La certezza che Gesù è il Buon pastore non è campata per aria, non è un semplice auspicio… è legata alla reciproca conoscenza! Sì, il Buon Pastore conosce le pecore ma è necessario che le pecore conoscano il Buon Pastore! Se così non è la salvezza rimane una pura illusione… «Ho altre pecore che non provengono da questo recinto». La conoscenza del pastore è superiore a quella delle pecore… Lui conosce il cuore degli uomini e sa che attendono con ansia di potersi affidare a lui. È bello pensare che Gesù è quel pastore che va costantemente in cerca della pecora che si è persa ed attende salvezza… forse siamo noi! «Io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo». È un’espressione non facile ma se noi pensiamo alla Pasqua tutto
diventa chiaro: Gesù, muore, dona se stesso – da la vita per noi, entra nella nostra umanità, fin nel più profondo degli abissi in cui si trova – e poi risorge, riprende il suo corpo – il suo corpo non è individuale ma è strettamente unito con quell’umanità che si è caricato sulle spalle e che porta con sé al Padre! In ogni Eucaristia avviene questo mistero: noi ci mettiamo così come siamo nelle sue mani, Gesù ci unisce a sé, ci porta al Padre: da la vita e se la riprende… con noi dentro! Meraviglioso…
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