Credo sia davvero terapeutico il ritmo che la Chiesa ci regala con la struttura dell’anno liturgico: il fatto di finire e di ricominciare permette sempre di tirare una riga e, insieme, di rilanciare. La vita non è un fardello da trascinare con tutti i pesi annessi ma un’esperienza da rinnovare, da accogliere come novità grazie all’opera dello Spirito. Finisce un anno in compagnia di Gesù, dove abbiamo fatto i nostri cammini più o meno buoni, e ne ricomincia un altro che non è tutto da rifare ma una possibilità ulteriore da affrontare con i mezzi e gli strumenti ad ora in nostra dotazione. Non stravolgeremo nulla con le nostre iniziative… Dio, però, potrà stravolgere tutto con le sue! Per questo non vogliamo essere impreparati e desideriamo accogliere l’invito che Gesù ci rivolge: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento». Non è con un sentimento di paura che occorre fare attenzione, ma con un sentimento di serenità… perché siamo certi che ciò che il Signore prepara per noi è sempre per la nostra gioia piena! Vegliare può significare rifuggire con tutto noi stessi la mediocrità, la superficialità, il qualunquismo. Noi che ci definiamo credenti, in primis, è bene che non ci adagiamo alle certezze e alle sicurezze che ci siamo dati una volta per tutte ma ci lasciamo interpellare dalla storia e proviamo a rispondere con creatività alle istanze sollevate dalla modernità. La storia non è il groviglio della attività e delle iniziative umane, spesso e volentieri scriteriate e casuali, ma è il lento
e paziente lavoro di Dio per renderci partecipi, nella nostra libertà, alla sua gioia e alla sua pienezza! Questo sguardo dobbiamo avere come credenti: cosa Dio ci sta dicendo? Come Dio ci sta visitando? Buona domenica
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