Il vangelo di questa domenica tratta alcuni argomenti molto delicati e ci chiede di compiere delle scelte piuttosto radicali. Ci domanda di essere testimoni di Cristo, disposti ad essere traditi, odiati, perseguitati a causa del Suo nome e addirittura uccisi a causa Sua. Queste richieste sembrano, e forse lo sono, molto lontane dalla nostra realtà, ma non è così per tutti i cristiani del mondo, se pensiamo a quanti subiscono oltraggi e sono sacrificati per il nome di Cristo.
Nel racconto Gesù accenna a fatti catastrofici che dovranno capitare, e che non mancano nemmeno ai nostri tempi, parla di guerre tra nazioni e tra regni, e anche quelle sono sotto gli occhi di tutti, e dice di non lasciarsi ingannare da chi si sostituisce a Lui, offrendo forme di Salvezza a buon mercato.
Inoltre, e forse quest’ultima è la parte che fa maggiormente riflettere e su cui è bene soffermarsi, assicura che oltre a quello che succederà, saremo anche consegnati nei tribunali a motivo del Suo nome e saremo traditi anche dalle persone più care, quelle più vicine a noi, i familiari e gli amici. Queste ultime raccomandazioni mostrano chiaramente che essere discepoli di Cristo richiede una vera e grande fede, poiché ci è domandato di anteporre Lui a tutto il resto.
Mettere Cristo al primo posto della nostra vita, senza aver paura di perdere ciò che crediamo di poter trattenere con le nostre forze, non è affatto semplice, perché ci si deve fidare di un altro, abbandonandosi tra le sue braccia. Per esempio, affrontare e scontrarsi con una persona che ci vuole bene e a cui noi ne vogliamo, per il nome di Cristo, sembra oggi una cosa assurda, eppure c’è in gioco la Verità, c’è in gioco la capacità di rimettere in fila le cose, dicendo: «Io non sono Dio».
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