Se Mosè, per il popolo d’Israrele, era colui al quale si faceva riferimento per determinare l’autorevolezza di una norma o di una legge, Elia era il profeta per eccellenza, colui al quale attingere per discernere l’autenticità della Parola divina. Per questo motivo, gli evangelisti, in più occasioni, creano un parallelo tra Gesù, Mosè ed Elia. Nel Discorso della montagna di Matteo ( «avete inteso che fu detto… ma io vi dico» ) è evidente come tutti gli interventi posti sulla bocca di Gesù siano in filigrana una Legge nuova. Una Legge che si innesta in quella mosaica e poi la supera in gran misura. Nel racconto che Luca fa dell’ascensione al cielo di Gesù è evidente il parallelo con il rapimento di Elia su carro di fuoco, sotto lo sguardo stupito e incredulo del discepolo Eliseo: «Quando il Signore stava per far salire al cielo in un turbine Elia, questi partì da Gàlgala con Eliseo. Elia salì sul turbine verso il cielo. Eliseo guardava… E non lo vide più. Eliseo raccolse il mantello, che era caduto a Elia, e tornò indietro» I temi sono gli stessi: Gesù come Elia porta i discepoli al punto di partenza della missione; viene portato in cielo ma lascia la sua benedizione; i discepoli accolgono il mandato e continuano l’opera del Maestro: «Li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» . L’ascendere al cielo è ciò che spetta a chi compie l’opera di Dio, non per niente, la Chiesa riconosce ai santi l’ingresso nel regno dei cieli! Questo andare oltre la terra non significa abbandonare la terra: Gesù continua la sua opera nei suoi amici riempiendoli di Spirito santo, la sua stessa vita! L’ascensione, in questo modo, può essere riconosciuta un’opera permanente dello Spirito: stiamo ascendendo al cielo! Buona domenica