Il profeta Geremia ha accolto con passione la chiamata di Dio: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità: la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore». Chi ha un’esperienza di fede sa bene che all’inizio tutto è bellissimo: il cuore si inebria nel rapporto con il Signore! È bello pregare, è bello fare silenzio, è bello servire… Poi, ad un bel momento, è come se tutto mutasse radicalmente la situazione: «Me infelice, madre mia! Tu sei diventato per me un torrente ìnfido,
dalle acque incostanti». È proprio così: il Signore sembra abbandonare il suo fedele! Tutto diventa faticoso, impegnativo, gravoso… La gioia e l’entusiasmo si tramutano in negatività e freddezza… Quante persone nell’adolescenza vivono degli slanci impressionanti per poi arenarsi dopo pochi anni: il pensiero è sempre lo stesso… “non sento più l’emozione e il coinvolgimento di prima”! Qui viene a galla la verità del rapporto che uno intrattiene con Dio: sta con il Signore per un tornaconto personale o per amore? La sequela si basa sulla corrispondenza della realtà alla propria veduta o si fida ciecamente dell’opera di Dio? «Se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca». Attendere l’opera di Dio è la santa pazienza del vero credente! Buona giornata
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