Noi, generalmente, leggiamo la cosiddetta “parabola del figliol prodigo” come una sorta di favola a lieto fine, dove tutte le situazioni intricate si dipanano e tutti sono tornano ad essere felici e contenti. In realtà, se proviamo semplicemente a metterci nei panni di questo padre c’è da rabbrividire per il dramma che si trova ad affrontare.
Un padre che ha due figli, per i quali non sa più cosa fare, che si sente dire dal primo «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta» perché vuole andarsene e dal secondo «Tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici», dalla serie “non mi hai mai voluto davvero bene”…
Non è così strana come situazione, se ci pensate: quanti papà sperimentano l’ingratitudine dei figli e si sentono rinfacciare tutta una serie di mancanze… Che cosa fa questo padre? «Divise tra loro le sue sostanze». Non sta a recriminare: a Lui interessa la vita dei figli, non la sua! Dà loro la sua “sostanza”, cioè se stesso, tutto!
Sì, il Padre dà se stesso! Ed è ciò che davvero rimane… le cose e gli averi vengono sperperati. Alla fine, rimane solo l’amore, il ricordo di quella benevolenza paterna che fa ritornare in sé un figlio e gli permette di osare il ritorno. È un ritorno un po’ interessato ma al Padre non importa: la comunione con il figlio è ciò che gli sta veramente a cuore!
Il Padre esulta per il ritorno del figlio ma non fa a tempo a gioire che, immediatamente, si trova a dover fare i conti con l’altro figlio amareggiato per la gratuità e all’abbondanza del suo amore. Per il Padre si tratta di due figli, da amare nella loro singolarità… per i figli il Padre è l’oggetto della contesa…
Alla radice ci sta un rifiuto radicale della fraternità! I due sono figli ma non si riconoscono fratelli e la loro inimicizia grava tutta sul Padre… la croce ne è la rivelazione…
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