Conosciamo tutti il secondo comandamento: “Non nominare il Signore Dio tuo”. Quello che ci è stato insegnato è che, in sostanza, significa “Non bestemmiare”, cioè non attribuire al nome di Dio epiteti o aggettivi impropri. E va bene… A partire dal brano dell’Esodo che leggiamo oggi e che ci narra la rivelazione di Dio a Mosè attraverso un roveto ardente, vorrei sottoporre una ulteriore prospettiva: Mosè disse «Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”». Dio dice a Mosè: non pretendere di dare un nome a Dio! Nella Genesi si dice che Dio incarica l’uomo di dare il nome a tutte le cose create… tra queste non c’è Dio! A Dio, l’uomo non può dare il nome perché non lo possiede, non lo conosce fino in fondo, gli sfugge sempre! Tant’è che Dio suggerisce a Mosè per far conoscere il suo nome di far riferimento alla storia dei Padri. Ciò che si conosce di Dio è l’esperienza che se ne è fatta: quella è una garanzia della sua identità! A partire da come Dio si è mostrato con il popolo d’Israele lungo il suo cammino storico si può dedurre quale sia il “nome” di Dio… Il nome di Dio è l’esserci, il chiamarsi in causa, il mettersi in gioco! Questa è la garanzia per l’obbedienza del popolo a Mosè! Ed è anche la nostra… Buona giornata