«Gli undici discepoli andarono in Galilea»: la missione scaturisce da una obbedienza. Gesù aveva ordinato alle donne, a cui era apparso dopo la risurrezione, di andare dai discepoli e dire loro che li avrebbe attesi in Galilea. La Galilea è territorio pagano: occorre uscire dai luoghi ordinari, dallo stretto giro dei vicini e diventare “Chiesa in uscita”, direbbe oggi papa Francesco. «Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono»: fede e dubbio si accompagnano sempre. La fede aiuta a piegare il capo in un gesto di riverenza e di abbandono al mistero; il dubbio interroga il cuore e la mente e obbliga a dare “ragione della speranza” che si è incontrata. Fede e ragione non si scontrano ma si alleano nel riconoscimento comune della medesima bellezza. «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra»: la missione non è un’avventura solitaria di pionieri coraggiosi e spavaldi. La missione continua ad essere, come all’inizio, di Gesù, il quale ha in mano le redini della storia e la conduce secondo la volontà del Padre che è quella di salvare ogni uomo. Di questa missione occorre essere partecipi, non di proprie iniziative puritane. «Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli…, insegnando loro a osservare…»: fare discepoli non significa fare adepti! Fare discepoli significa mostrare una VIA da seguire. Significa avviare percorsi di conversione che partano dall’immersione nella Grazia della Pasqua e continuino in una compagnia che segna il passo giorno per giorno, dentro le pieghe della storia. Il “partire di Gesù”, il suo andare in cielo non è una carta in bianco ai discepoli ma è una rassicurazione circa la sua costante presenza in loro, nella comunione dello Spirito… non siamo soli!