Valiamo più di molti passeri (Lc 12,1-7)

Oggi il Signore Gesù ci invita a restare sempre nella Verità e a non temere coloro che si dichiarano amici e che poi ci tradiscono. Queste persone sono dette ipocrite, perché parlano e pensano in un modo e agiscono in un altro. Ascoltano come se fossero nostri salvatori e poi ci pugnalano alle spalle vantandosi di avere tra le mani le chiavi della verità della nostra vita. Dicono di essere nostri amici e poi sparlano di noi. Sentono tutti i nostri segreti e poi li vanno a raccontare in giro, li dicono in piena luce e li annunciano nelle piazze, uccidendo il nostro corpo.

Ma il Signore dice di non temere quelli che possono uccidere il nostro corpo, quelli che possono distruggere la nostra reputazione, ma di avere paura di chi può toglierci la fede, la speranza e la capacità di amare davvero. Dobbiamo aver paura di chi è capace, come Satana, di dividere il nostro cuore, distruggendo così il nostro corpo e anche la nostra anima. Dobbiamo temere chi ci fa credere di non essere dei figli amati e di non valere nulla, perché non è così. Noi siamo amati da Dio e valiamo molto, perché lui ci ha creati e noi siamo suoi. Buona giornata.

Il conto sarà chiesto anche a noi (Lc 11,47-54)

Per più di una volta, in questo racconto di oggi, Gesù dice agli scribi e ai farisei che a “questa generazione” sarà chiesto il conto del sangue dei profeti e degli apostoli. Ancora una volta il Signore, attraverso gli avvenimenti del Suo tempo e con la storia di ciò avvenne da Abele in poi, ci sta mettendo di fronte alla realtà del nostro tempo e della nostra vita, e ci sta chiedendo una responsabilità sulle nostre scelte.

Quando Egli dice: “A questa generazione sarà chiesto il sangue di tutti i profeti”, da un lato si riferisce al proprio martirio, che porta a compimento l’intera storia della Salvezza e che mette sulle spalle dei suoi carnefici un peso grande, e dall’altro fa riferimento alle responsabilità che tutte le generazioni hanno avuto da sempre, quindi parla anche a noi.

Il rimprovero peggiore che Gesù fa agli scribi è quello impossessarsi di qualcosa che non è loro, la Scrittura in questo caso, e di impedire agli altri di entrare nel Regno dei cieli. Anche noi a volte ci impossessiamo di qualcosa o di qualcuno e lo leghiamo, impedendogli di raggiungere la felicità, per paura di non raggiungerla noi.

Buona giornata.

Guai a voi (Lc 11,42-46)

Nel vangelo di oggi il Signore Gesù si scaglia contro i farisei e contro i dottori della legge per ricordare loro quali sono le cose importanti da fare e quali invece quelle trascurabili, o da non fare. Il ritornello che torna ben quattro volte è: “Guai a voi”, come un monito fortissimo per queste due categorie di persone.

Intanto come prima cosa Gesù ammonisce sull’incapacità di anteporre la giustizia e l’amore, per preferire il rispetto della legge, quando invece bisognerebbe fare il contrario, senza trascurare nulla. Gesù sa che chi è giusto e ama davvero, di conseguenza rispetta anche la legge.

In secondo luogo punta il dito su chi pensa che l’importante sia essere visti e osannati, per far si che tutti abbiano la bocca piena del nostro nome, e non del nome di Dio. Che la gente lodi Dio e non noi.

Come terzo rimprovero, forse il peggiore, il Signore dice: “Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo”. In questo caso Gesù intende dire che i farisei impedivano alla gente di compiere gesti di giustizia, insegnando in modo buono e giusto, ma agendo con intenzione malvagia, come se dovessero nascondere le vere motivazioni delle loro azioni. E così offende anche i dottori della legge. Anche loro non sono da meno dei farisei perché non fanno quello che dicono.

Esigente Gesù! Buona giornata.

La purezza di cuore (Lc 11,37-41)

Fare le abluzioni era usanza ormai assodata presso il popolo di Israele. Fare le abluzioni significa lavarsi sommariamente il corpo o una parte di esso, in questo caso le mani. Non lavarsi le mani, da un certo punto di vista, era come andare oltre una cultura intera; e Gesù fece questo.

D’altra parte anche sedersi a tavola con una persona rivestiva tutta una simbolica, perché si accettava di stare alla presenza di qualcuno e di far parte della sua stessa vita, condividendo uno dei momenti più importanti e preziosi della giornata: il pasto.

Gesù accetta la relazione (il pasto insieme) e sta con ciascuno, ma va oltre le usanze (le abluzioni), che nel racconto di oggi sono per il Maestro addirittura delle apparenze. Infatti con la frase “Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria” Gesù allude ad una ipocrisia di fondo, che ci fa vivere una vita divisa, dove ciò che si pensa e si crede non corrisponde a ciò che si fa.

Il Signore suggerisce di pulire anzitutto il nostro cuore dai vizi e dalle cattiverie, e tutto – anche l’esterno – sarà puro.

La Chiesa: madre e luogo di santificazione (19,25-27)

Oggi nella nostra diocesi si fa memoria della Beata Vergine Maria Madre della Misericordia di Gallivaggio e il vangelo di Giovanni, che prendiamo come traccia per la nostra riflessione, ci racconta la consegna del figlio alla madre e quella della madre al figlio.

Giunto al punto estremo della Sua vita, vicino alla morte, il Signore Gesù dice alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!” e al discepolo che egli amava: “Ecco la tua madre!”. Questa scena può sembrare un affare di famiglia e invece è una faccenda che riguarda anche ciascuno di noi.

Maria – che è madre della Misericordiosa – rappresenta la Chiesa, che accoglie come suoi figli amati tutti coloro che seguono il Cristo. Come una madre a cui viene donato un figlio, anche la Chiesa riceve in dono i battezzati nel Signore e, nel ruolo di madre, si spende per accogliere, proteggere, accudire, educare con pazienza chi le viene affidato.

Giovanni rappresenta invece ogni discepolo di Gesù. Il discepolo, a cui viene affidata la cura della Chiesa, è quindi colui che la edifica, consapevole delle responsabilità che il proprio battesimo porta con sé. Ciascuno di noi poi non è soltanto edificatore della Chiesa, ma è Chiesa. È un membro vivo del corpo di Cristo mistico, che è la Chiesa.

Buona giornata.

Da soli non possiamo fare nulla (Lc 17, 11-19)

Nel racconto di oggi ci troviamo di fronte ad una situazione che era abbastanza comune ai tempi di Gesù: un uomo, alla periferia di un villaggio, che ha di fronte a sé alcuni malati di lebbra.

C’è una grande simbologia dietro a questa scena e quasi ogni singola parola ha un significato molto profondo. Il luogo dell’incontro, la periferia (era all’ingresso del villaggio e non in piazza), già sottolinea la distanza che gli abitanti di quel villaggio volevano mantenere dai malati, cacciandoli via: in fondo gli abitanti non volevano ammalarsi a loro volta nel corpo, per non morire (a qualcuno viene in mente qualcosa? … ). Questo lo sapevano anche i lebbrosi, che ben istruiti dalla disgrazia della loro condizione, si tenevano a loro volta distanti da chi si avvicinava; e così fanno anche con Gesù: lo vedono, gli vanno incontro, si tengono a distanza e parlano a Lui ad alta voce, per far sentire la loro richiesta. «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». E Gesù, avendo pietà di loro, ne testa subito la fede, chiedendogli di eseguire il comando che la legge imponeva a chi guarisce dalla lebbra, ovvero il recarsi da un sacerdote per attestare la guarigione. Gesù segue la legge e sta ad osservare chi si fida di Lui e ancora di più, chi porta a compimento il processo della fede, cioè il ringraziare Dio per le Sue meraviglie.

Infatti Gesù osserva che dei dieci che erano malati e che in seguito ad un Suo comando sono guariti, soltanto uno, straniero per lo più, è tornato a ringraziare; soltanto uno ha completato quel circolo virtuoso che la vera fede ci fa vivere.

A questo punto Gesù, dopo che il guarito si prostra e ringrazia Dio, lo congeda dicendogli: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato». Ma come: non ne erano stati salvati dieci? Si ma dalla malattia del corpo. La Salvezza che Gesù promette è un’altra ed è molto più profonda; la Salvezza vera, che viene dalla vera fede, è riconoscere di essere dei salvati. È riconoscere che a salvarci è un altro, poiché da soli non possiamo fare nulla.

Buona domenica!