Ogni volta che ci si confronta con il mistero dell’Ascensione si avverte la necessità di far ricorso al linguaggio simbolico per non fantasticare sull’avvenimento in sé. Ascendere, a livello letterale, significa salire: se noi diciamo che Gesù è asceso al cielo, letteralmente, potremmo pensare ad un volo verso l’alto… capite che non è assolutamente concepibile! L’Ascensione al cielo di Gesù sta a significare il compimento di una missione: mandato dal Padre a compiere la redenzione ritorna a Lui, nell’unità del principio.
Le parole che accompagnano il commiato di Gesù dai suoi discepoli indicano una missione ben precisa: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura». Gesù ha rivelato in maniera definitiva e completa il volto del Padre: perché tutta la storia possa essere arricchita di questa bellezza è necessario che, coloro che hanno avuto la grazia di “vedere”, annuncino con slancio la buona notizia. Nessun uomo deve essere escluso dall’annuncio! Si noti: dall’annuncio, non dalla salvezza! Sì, perché la salvezza viene solo da Dio: nessun uomo la può dare…
«Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato». A fronte dell’annuncio ci sarà gente che crederà e gente che non crederà, non ci si deve scandalizzare. A chi non crede, dalla traduzione che abbiamo, sembrerebbe venga comminata una pena… non è così! Tant’è che Gesù ha detto a chiare lettere: «Io non sono venuto per condannare il mondo ma per salvarlo». In che cosa consiste, allora, la condanna di chi non crede? Si tratta della “perdizione”… Chi non ha la volontà di mettersi in ascolto vivrà una vita dispersa, senza orizzonte, senza paternità! La condanna non è una punizione ma una conseguenza del peccato: senza la gioia del sapersi e del sentirsi amati non c’è che la perenne percezione di insoddisfazione e di incompiutezza.
Non perdiamo occasione per annunciare il Vangelo