In questa domenica la Chiesa festeggia il ricordo del Battesimo di Gesù; pertanto, la liturgia ci presenta il racconto di Matteo, nel quale Gesù giunto da Nazaret si fa battezzare da Giovanni nel fiume Giordano.
È un brano molto noto e semplice, che però evidenzia alcuni punti chiave dello stile con cui Gesù vuole entrare nella storia del popolo di Israele, per portare la Salvezza definitiva, che viene da Dio Padre, mediante il Figlio, nello Spirito Santo.
Un primo tratto caratterizzante questa scena è quel verbo al passivo che troviamo nel versetto tredici: Gesù giunge per “essere battezzato”. La manifestazione della figliolanza di Gesù inizia non con una sua attività, non tramite l’imposizione della sua divinità, ma mediante una passività, un lasciar fare agli altri.
Gesù mostra il suo essere figlio sottomettendosi alla giustizia. E questo è il secondo tratto caratteristico, che troviamo solo nel vangelo di Matteo. La venuta sulla terra di Dio e la sua presenza in mezzo all’uomo, non vuole essere qualcosa di diverso o di alternativo a ciò che già c’era, come se noi cristiani oggi volessimo vivere fuori da questo mondo, ma un portare a compimento l’esistente: per questo Gesù si mette in fila come tutti.
Infine, l’ultimo tratto che contraddistingue questo racconto è la voce che viene dai cieli aperti (Luca direbbe “squarciati”). Anche qui non è Gesù a dire di essere Figlio di Dio, ma è il Padre ad annunciarlo a tutti, affinchè la sua credibilità sia massima. Il Padre, chiamando Gesù “Figlio amato”, erge lui, Gesù, a suo pari nella sostanza divina (consustanziale) e chiede implicitamente a noi di ascoltarlo e seguirlo. Che questo giorno possa renderci sempre più consapevoli di essere battezzati.
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