Nel vangelo di oggi, che prosegue quello ascoltato ieri, poniamo l’accento sulla frase riassuntiva «Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». Ciò che è interessante non riguarda solamente il fatto dell’essere indivisi, cioè di scegliere da che parte stare, con Dio o con il denaro, ma che sia necessario avere un padrone.

La novità di questa lettura è che a qualcuno bisogna sottomettersi, da qualcuno occorre lasciarsi espropriare, è necessario avere almeno un padrone, e non possiamo in alcun modo riporre tutte le nostre speranze in noi stessi. È interessante perché facendo il pari con il pensiero odierno dell’uomo su sé stesso, incontriamo una mentalità che è esattamente l’opposto.

Ciò che ci viene proposto oggi dalla mentalità corrente è proprio di confidare solo in noi stessi e di non dipendere da nessuno, ma si dimentica, e il racconto di Luca ce lo ricorda, che puntare su di sé non è la scelta migliore, perché c’è Qualcuno che conosce i nostri cuori meglio di noi stessi. C’è Qualcuno che è in grado di dare una direzione alla nostra vita che è quella per cui siamo stati pensati: quella per cui siamo stati creati. Peccato che uno dei grossi problemi che l’uomo di oggi sente, stia proprio qui: il rifiuto di venire da altri, l’impossibilità di farsi da sé.

Chiudo con un fatto che mi è accaduto. Ero in fila, in un supermercato, per un cambio merce che avevo sbagliato a prendere, e il nome del mio biglietto, quello che determina il tuo turno, non era il solito A26, B76, N4, insomma quelli che trovi alle poste o all’ASL, ma era “Christian”, perché per prenderlo ho dovuto rispondere alla domanda: “Come vuoi che ti chiamiamo?”. Domanda interessante, posta bene.