Chi può parlare di Dio? Chi si può ritenere degno di essere suo portavoce? Siamo uomini, tutti, indegni. Sia per l’ignoranza che abbiamo del suo mistero sia per l’inadeguatezza della nostra levatura morale… Nella Parola che oggi ci è donata sono due le testimonianze che vanno in questa direzione: la prima di Isaia «Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito» e la seconda di Pietro: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore».

Isaia e Pietro hanno dichiarato la loro insufficienza e così, oggi, le loro testimonianze sono quelle che sostengono il nostro cammino di conversione: quante volte ci vengono proposte le loro parole! È bene se avvertiamo la nostra fragilità e la nostra povertà nel parlare a nome di Dio! Sarebbe molto grave il contrario: arrogarsi il diritto e la prerogativa di parlare in suo nome! Quante volte Gesù ha dovuto rimproverare quegli scribi e quei farisei che pensavano di avere la verità in tasca…

Non si può parlare a nome di Dio in virtù di una qualche presunta ispirazione! Di per sé, visto che, come dice san Giovanni, «Dio nessuno lo ha mai visto», non c’è uomo che possa prendersi la briga di parlare a nome di Dio… qualora uno parli a nome di Dio è necessario che gli venga riconosciuto da altri.

Sia Isaia che Pietro hanno subito l’iniziativa di Dio di una purificazione e di una abilitazione: Isaia così descrive il fatto «Ecco, questo carbone ardente ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato»; Pietro solo dopo essersi prostrato in ginocchi davanti a Gesù, riceve l’incarico: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

Tutti siamo chiamati ad essere parola di Dio: solo sforziamoci di dare spazio alla Sua Parola e non alle nostre vuote parole…

Buona domenica