Il racconto del miracolo della guarigione del cieco Timeo a Gerico è, a mio parere, un vero capolavoro narrativo dell’evangelista Marco dove è possibile evincere tutta una serie di indicazioni sull’esperienza di fede davvero centrali.
Il cieco è seduto ai margini della strada e Gesù gli passa accanto. Il cieco è fermo e Gesù cammina. Il cieco non ha maniera di raggiungere Gesù. È la condizione dell’uomo che, da Adamo in poi, è privato della visione di Dio. Non può fare nulla.
Il cieco non vede ma sente. Non sente Gesù ma sente la folla che gli si muove intorno e che parla di Lui. Gesù significa “Dio salva”. Il cieco a fronte di una possibilità di salvezza si sente fremere il cuore: l’ascolto è la prima possibilità che gli è offerta per ravvivare la speranza.
Il cieco grida. Grida sempre più forte. È il grido della preghiera. È il grido del povero che il Signore ascolta. È un grido che sente anche la folla attorno ma non le interessa… anzi! La folla smorza la speranza e cerca di zittire la forza della preghiera.
Gesù si ferma e fa chiamare il cieco. Gesù sente il grido del cieco disperato e si interessa di lui. Invia i suoi discepoli a farsi carico del suo problema e a portarlo da lui. Solo Lui lo può guarire: i discepoli hanno il semplice compito di servire il Signore.
Gesù chiede al cieco che cosa vuole. A noi sembra scontato che voglia la vista… ma non è detto! Magari si accontenta di un pezzo di pane per campare… La vista, nel Vangelo, è la fede! È proprio questo che cercano e chiedono le persone che non credono?
Il cieco chiede di vedere. Più precisamente di vedere in maniera nuova. Ed è ciò che avviene. Perché? Perché il cieco non rimane a Gerico ma si mette dietro a Gesù! Questa è la guarigione!
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