«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio-». Così scrive Isaia nella pagina che oggi leggiamo nella Messa. Le parole sono rivolte al popolo d’Israele stremato dall’esilio babilonese: Dio non si dimentica e non abbandona i suoi figli! Chiede che sia annunciato a tutti la sua determinazione ad operare la salvezza. Come non sentire necessarie queste parole alle donne e agli uomini di oggi, in balia di questo male invisibile, capace di falcidiare vite, di ferire relazioni, di isolare nello sconforto chiunque lo sfiori… c’è un bisogno di consolazione infinito! Non è vero che le parole non contano! Mi fa pensare il ricorso capillare a psicologi e counselor… Abbiamo bisogno di venire ascoltati! Abbiamo bisogno che ci venga dato coraggio! Abbiamo bisogno di speranza! Siamo fatti per la vita e ogni cosa che ce la svigorisce ci butta a terra… La Rivelazione ci ricorda che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato: Gesù l’ha vinta e l’ha attraversata, anche per noi! Forse occorre che torniamo a fare come facevano le folle che andavano nel deserto ad incontrare il Battista: «Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati». Cosa significa? Confessare i propri peccati è prendere coscienza dei nostri limiti, delle nostre fragilità e metterci nelle mani di Colui che è il Medico della vita piena! Il ricercare sempre al di fuori di noi i colpevoli delle nostre ferite è lo sport più frequentato! Ognuno di noi riconosca le proprie fragilità, si affidi alla cura misericordiosa di Dio e sperimenti l’amore senza limiti che supera ogni malattia e ogni morte! Troppi i monti e i colli che non permettono a Dio di farci visita… proviamo ad abbassarli!