A chi pensa che il credente, essendo troppo occupato per conquistarsi il cielo, è totalmente disinteressato alle cose della terra, occorre leggere la parabola dei talenti che la liturgia di questa domenica ancora ci presenta: non ci si può considerare uomini di fede se non attraverso un concreto modo di agire nella vita quotidiana! Ricordiamoci sempre che la fede non accetta alcun dualismo: non c’è Dio e l’uomo, non ci sono i buoni e i cattivi, non ci sono i giusti e gli ingiusti, non c’è lo spirituale e il
materiale… potremmo andare avanti all’infinito! In Dio tutto è unito: non si può amare Dio senza amare il prossimo e viceversa… non si può pensare che un conto è l’ideale e un conto è il reale… Tutto è profondamente compenetrato! Dio ci ha dotato di doni e carismi per rendere il mondo un paradiso, proprio come preghiamo nel Padre nostro: “come in cielo, così in terra”! La nostra gioia consiste nel fruttificare le ricchezze di cui ci Lui ha riempito: non c’è da aver paura per alcuna ragione! Il tale che, ricevuto un talento, si ritira e di mette in un angolo per paura del giudizio di Dio è rimproverato non tanto per lo scarso rendimento ma per il suo pensiero sbagliato su Dio! Dio non è quell’energumeno di cui ci facciamo la rappresentazione nel nostro immaginario sempre pronto a lanciare fulmini e saette a chi non obbedisce prontamente ai suoi comandi! Dio è Padre! È a partire da questa certezza che ogni uomo deve vivere la vita! Da uomo libero! Senza la paura di sbagliare o di peccare… può capitare persino di peccare e di buttar via tutti i doni di Dio ma se nel cuore conserviamo il ricordo del volto buono del Padre, non sarà difficile tornare da Lui per ripartire per una vita diversa, nella gioia piena
della comunione con Lui!