«Il Signore disse ad Abram: “Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò”» . La “vita” di Abramo diventa una “storia” in forza del fatto che risponde ad una chiamata. Se Abramo avesse vissuto come tutti gli altri uomini sarebbe uno dei tanti, senza volto, senza memoria, senza significatività! Quanti uomini contemporanei ad Abramo totalmente anonimi e senza volto… Abramo no! Abramo è un padre, uno che svoltato… Ma che come possiamo giudicare la fama di Abramo: una genialata? Un colpo di fortuna? Un successo costruito abilmente? No, niente di tutto questo! Abramo ha lasciato una traccia indelebile della sua vita in forza del suo incontro con Dio e della sua obbedienza nel realizzarne la volontà! Abramo è capostipite di una storia perché ha vissuto in comunione con Dio! Ma Abramo ha accettato la follia di lasciare tutte le sue sicurezze senza alcuna garanzia? Direi proprio di no! Era un uomo concreto e realista: l’incontro con il Signore deve essere stato determinante. Non riesce a raccontarlo e spiegarlo, un po’ come i discepoli sul monte in occasione della Trasfigurazione di Gesù… Il brano di Vangelo della Trasfigurazione collocato in questa seconda domenica di Quaresima è motivato dal fatto che anche i discepoli che sono chiamati a stare dietro al Maestro non possono partire senza un incontro decisivo: è così che Gesù si mostra loro in tutta la sua bellezza, luminosità, attrattività! Per questo, i discepoli riusciranno ad affrontare le prove, le privazioni, le incomprensioni, le persecuzioni… ciò che hanno visto vale tutte queste cose! Anche noi, in cammino verso la Pasqua siamo sostenuti liturgicamente da questa visione… possiamo partire!