Nonostante l’uomo da duemila anni a questa parte abbia fatto passi da gigante nel progresso della scienza e della conoscenza, nel suo cuore rimane sempre lo stesso! Le dinamiche interiori, le domande esistenziali, gli interrogativi più profondi, non mutano nel tempo… È così che l’espressione di Tommaso a fronte dell’annuncio della risurrezione si qualifica come l’emblema tipico del cuore umano: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Il dubbio rispetto all’imponderabile fa parte del processo della conoscenza. Non ci deve stupire e nemmeno scandalizzare: ogni ritrosia nel credere e nell’affidarsi può essere preludio ad una scelta di libertà! Ciò che non si conosce e non si capisce richiede fiducia, muove i passi della relazione, mette le basi per un passaggio nell’oltre, apre possibilità inedite… oppure sfocia nella chiusura, nella paura, nel rifiuto. Avviene così negli incontri tra persone che non si conoscono: c’è chi si lancia e apre un dialogo… c’è chi se ne sta in un angolo in solitudine… c’è chi si intrattiene con chi gli appare d’acchito simpatico… c’è chi scruta le persone e sta guardingo… Tutte queste condizioni si realizzano pari-pari nel rapporto con il Signore! L’«io non credo» di Tommaso sta per “io non mi fido”. È l’atteggiamento di chi si chiude a riccio e si illude di essere l’unico criterio della realtà: “o le cose stanno come le vedo io o non possono essere vere!”… Come vincere un atteggiamento come questo? Nessuno riesce da solo: l’evangelista Giovanni racconta che è Gesù stesso ad andare incontro a Tommaso proponendogli una verifica personale. Se noi siamo restii a metterci in gioco, Gesù, al contrario, ci viene incontro nelle più svariate maniere cercando di rompere il muro della nostra indifferenza… si tratta solo di abbassare le difese e credere! Buona domenica