«Ecco, non conto niente: che cosa ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non replicherò, due volte ho parlato, ma non continuerò». È Giobbe che parla. Davanti alla grandezza di Dio non può che ammettere la sua finitezza. Non è sottomissione e nemmeno servilismo… è semplicemente realismo! Giobbe accetta di mettersi davanti alla realtà del mondo, del cosmo, della storia e non può che avvertire la sua piccolezza! L’uomo che pretende di ergersi con superbia davanti a Dio viene smentito dai fatti… Gesù l’aveva ricordato: «chi si innalza sarà abbassato e chi si umilia sarà innalzato»! Non c’è come riconoscendo i propri limiti che si valorizzano adeguatamente le proprie virtù! Ogni uomo non può che realizzare la propria piccola parte! Se si dedica al proprio copione va alla grande… non appena vuole allargare il proprio ruolo, compie disastri enormi! Mettere la mano alla bocca è un atto di saggezza. Si tratta di legare la lingua quando ci viene la tentazione di trovare la soluzione per tutto, quando abbiamo l’arroganza di possedere una mente illuminata superiore agli altri… Occorre lasciar parlare Dio attraverso la storia: avremo strade segnate per la realizzazione del nostro destino! Buona giornata