La nostra felicità è seguire il Signore (Lc 15,1-10)

Il punto centrale del racconto di oggi è certamente la conversione, e in particolare la conversione a Cristo. Il termine conversione, che in greco si scrive metànoia, significa letteralmente cambiamento di mente, ovvero cambiamento di pensiero, cioè di mentalità. Una bella immagine che solitamente viene utilizzata per descrivere la conversione è il cambiamento dello sguardo (sulla vita: per sé e verso gli altri), ovvero la capacità di cambiare direzione, il prendere fondamentalmente un’altra strada nel proprio quotidiano.

Oggi Gesù ci indica la strada ed è contento per noi se riusciamo ad imboccarla. Nel racconto, infatti, quando il Signore parla di pecore smarrite o di monete perdute, non ferma la sua attenzione sul peccato, cioè sul motivo dello smarrimento della pecorella, ma sul fatto che quella pecorella venga continuamente cercata da Dio, affinché, una volta incrociato il Suo sguardo, e questo è simbolizzato dal “ritrovamento”, possa camminare su una via di salvezza, lontana dallo smarrimento e dai pericoli.

Il Signore non punta il dito sul nostro peccato, ma preme per farci cambiare vita, per seguire Lui, che è la vita ed è la nostra felicità. E insieme a questo ci mostra che Dio non si stanca mai di venirci incontro e chiede a noi di fare lo stesso con gli altri, in una vita di evangelizzazione e testimonianza, senza paura di non esserne all’altezza. Buona giornata a tutti 😊

Una preghiera: segno di relazione tra vivi e defunti

Fin dai primi secoli, la Chiesa – valorizzando un sentimento diffuso nella cultura antica (pietas) e radicato nella natura umana – ha coltivato la memoria orante dei fedeli defunti, illuminandola con la fede in Cristo, morto e risorto, primogenito di quelli che risorgono dai morti (Col1, 18). Unito alla sua morte nel Battesimo, ogni fedele inizia a camminare con lui in una vita nuova (cf. Rm 6, 3-4); di conseguenza, anche il legame tra quanti sono ancora pellegrini sulla terra e coloro che già sono passati da questa vita è fondato sulla comunione nella stessa carità di Dio e del prossimo (Lumen gentium, 49). La pratica di dedicare un giorno alla preghiera per tutti i defunti nacque nei monasteri, dov’è attestata fin dal secolo VII. La sua diffusione venne ulteriormente favorita dall’abbazia francese di Cluny e dai moltissimi monasteri da essa fondati in tutta Europa, che collocarono tale commemorazione al 2 novembre, con un significativo legame alla solennità di Tutti Santi.

La santità è per tutti

In questa ricorrenza la Chiesa intende celebrare Dio per tutti Santi, anche per quelli che non sono stati ufficialmente riconosciuti tali, i quali formano una moltitudine immensa […] di ogni nazione, tribù, popolo e lingua, che sta davanti al trono e davanti all’Agnello (Ap 7,9).

Inoltre, tutti i battezzati sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi (Lumen gentium, 40). La celebrazione è dunque memoria riconoscente della santità della Chiesa, quale continuamente si manifesta nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli […] in varie forme (Lumen gentium, 39). Già dal secolo IV in Oriente si veneravano, con un’unica celebrazione, tutti i Santi, mentre in Occidente fu papa Gregorio IV (827-844) a istituire tale festa per il primo giorno di novembre e a diffonderla da Roma in tutta Europa.

In questo incipit del messale romano terza edizione è sottolineato il fatto che tutti i battezzati sono realmente santi. Il concilio vaticano II ci ricorda che il germe di santità che viene innestato nel battesimo, è quella condizione per cui ciascun battezzato ha la possibilità, nella vita, di far crescere e portare a maturazione la scelta di mettersi al servizio del Signore in tutto e per tutto. Questa è santità.

Buona festa di Ognissanti.