La purezza di cuore (Lc 11,37-41)

Fare le abluzioni era usanza ormai assodata presso il popolo di Israele. Fare le abluzioni significa lavarsi sommariamente il corpo o una parte di esso, in questo caso le mani. Non lavarsi le mani, da un certo punto di vista, era come andare oltre una cultura intera; e Gesù fece questo.

D’altra parte anche sedersi a tavola con una persona rivestiva tutta una simbolica, perché si accettava di stare alla presenza di qualcuno e di far parte della sua stessa vita, condividendo uno dei momenti più importanti e preziosi della giornata: il pasto.

Gesù accetta la relazione (il pasto insieme) e sta con ciascuno, ma va oltre le usanze (le abluzioni), che nel racconto di oggi sono per il Maestro addirittura delle apparenze. Infatti con la frase “Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria” Gesù allude ad una ipocrisia di fondo, che ci fa vivere una vita divisa, dove ciò che si pensa e si crede non corrisponde a ciò che si fa.

Il Signore suggerisce di pulire anzitutto il nostro cuore dai vizi e dalle cattiverie, e tutto – anche l’esterno – sarà puro.

La Chiesa: madre e luogo di santificazione (19,25-27)

Oggi nella nostra diocesi si fa memoria della Beata Vergine Maria Madre della Misericordia di Gallivaggio e il vangelo di Giovanni, che prendiamo come traccia per la nostra riflessione, ci racconta la consegna del figlio alla madre e quella della madre al figlio.

Giunto al punto estremo della Sua vita, vicino alla morte, il Signore Gesù dice alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!” e al discepolo che egli amava: “Ecco la tua madre!”. Questa scena può sembrare un affare di famiglia e invece è una faccenda che riguarda anche ciascuno di noi.

Maria – che è madre della Misericordiosa – rappresenta la Chiesa, che accoglie come suoi figli amati tutti coloro che seguono il Cristo. Come una madre a cui viene donato un figlio, anche la Chiesa riceve in dono i battezzati nel Signore e, nel ruolo di madre, si spende per accogliere, proteggere, accudire, educare con pazienza chi le viene affidato.

Giovanni rappresenta invece ogni discepolo di Gesù. Il discepolo, a cui viene affidata la cura della Chiesa, è quindi colui che la edifica, consapevole delle responsabilità che il proprio battesimo porta con sé. Ciascuno di noi poi non è soltanto edificatore della Chiesa, ma è Chiesa. È un membro vivo del corpo di Cristo mistico, che è la Chiesa.

Buona giornata.

Da soli non possiamo fare nulla (Lc 17, 11-19)

Nel racconto di oggi ci troviamo di fronte ad una situazione che era abbastanza comune ai tempi di Gesù: un uomo, alla periferia di un villaggio, che ha di fronte a sé alcuni malati di lebbra.

C’è una grande simbologia dietro a questa scena e quasi ogni singola parola ha un significato molto profondo. Il luogo dell’incontro, la periferia (era all’ingresso del villaggio e non in piazza), già sottolinea la distanza che gli abitanti di quel villaggio volevano mantenere dai malati, cacciandoli via: in fondo gli abitanti non volevano ammalarsi a loro volta nel corpo, per non morire (a qualcuno viene in mente qualcosa? … ). Questo lo sapevano anche i lebbrosi, che ben istruiti dalla disgrazia della loro condizione, si tenevano a loro volta distanti da chi si avvicinava; e così fanno anche con Gesù: lo vedono, gli vanno incontro, si tengono a distanza e parlano a Lui ad alta voce, per far sentire la loro richiesta. «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». E Gesù, avendo pietà di loro, ne testa subito la fede, chiedendogli di eseguire il comando che la legge imponeva a chi guarisce dalla lebbra, ovvero il recarsi da un sacerdote per attestare la guarigione. Gesù segue la legge e sta ad osservare chi si fida di Lui e ancora di più, chi porta a compimento il processo della fede, cioè il ringraziare Dio per le Sue meraviglie.

Infatti Gesù osserva che dei dieci che erano malati e che in seguito ad un Suo comando sono guariti, soltanto uno, straniero per lo più, è tornato a ringraziare; soltanto uno ha completato quel circolo virtuoso che la vera fede ci fa vivere.

A questo punto Gesù, dopo che il guarito si prostra e ringrazia Dio, lo congeda dicendogli: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato». Ma come: non ne erano stati salvati dieci? Si ma dalla malattia del corpo. La Salvezza che Gesù promette è un’altra ed è molto più profonda; la Salvezza vera, che viene dalla vera fede, è riconoscere di essere dei salvati. È riconoscere che a salvarci è un altro, poiché da soli non possiamo fare nulla.

Buona domenica!

Chi lascia, trova (Mt 19,27-29)

Oggi sabato 8 ottobre la nostra chiesa diocesana festeggia S. Felice, il suo vescovo fondatore, e per questo la liturgia ci offre un brano di vangelo che descrive il legame tra l’antica Alleanza di Israele e la nuova e definitiva Alleanza in Cristo. Nel racconto Pietro si rivolge a Gesù con una preoccupazione e gli domanda quale vantaggio ci sia nel seguirlo. Gesù risponde che ci saranno due vantaggi.

Il primo è che i suoi discepoli, nella nuova creazione, quando Lui sarà manifestato a tutto l’universo (universi), siederanno su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Questo numero, uguale a quello degli apostoli, rievoca la certezza di appartenere ad una storia umana antica iniziata con una chiamata di Dio.

Il secondo è che chi lascia per il Signore, chi si decentra per mettere al centro Lui, in realtà non perde sé stesso, ma riceve cento volte tanto ed eredita la vita stessa di Dio. Guadagna cento volte tanto perché lascia le redini del gioco della propria vita ad uno che è relazione, che è uscita da sé e che porta inevitabilmente ad andare verso l’altro per portarlo a Dio, più di quanto qualsiasi essere umano possa fare.

Buona giornata. Un sorriso.

E vera gioia sia (Lc 1,26-38)

Oggi, nella memoria della beata vergine Maria del rosario, il vangelo ci propone la scena della annunciazione. L’arcangelo porta alla vergine l’annuncio più bello della storia, cioè che Dio l’invisibile si renderà visibile nella carne umana. Ecco il mistero del Dio fatto uomo.

Le parole del messaggero sono però precedute da un saluto che egli stesso fa a Maria: Rallégrati piena di grazia: il Signore è con te. Il primo effetto che accade quando il Signore ci fa visita è la gioia, non solo perché ci sentiamo davvero in consonanza con il Signore, e possiamo vedere un sorriso sulle nostre labbra, ma perché – anzitutto – il Signore ha deciso di venire a noi gratuitamente, per restare con noi, senza che ne avessimo alcun merito.

Dio non viene a noi perché siamo bravi, ma per stimolare la nostra fede. Egli si presenta sempre con una domanda e attende da noi una risposta. Egli ci chiede sempre: Tu mi vuoi bene? Sei pronto a seguirmi? Dio sa di quale amore ci ama e, sicuro che quello sia il massimo dell’amore, desidera ardentemente che anche noi siamo capaci di amare così, perché venga il Suo Regno. Buona giornata e un sorriso.