Essere cristiani è allo stesso tempo la cosa più semplice e più complicata che ci sia. Da una parte è semplice perché non richiede nient’altro che una vita di relazione con il Signore Gesù: non ci sono pratiche o obblighi imprescindibili, pena l’esclusione definitiva dalla comunione con Dio… Dall’altra parte è complicata perché abbisogna di un costante coinvolgimento personale ad una dinamica di conversione: non ci si può mai dire degli arrivati… Essere cristiani non è una pratica ma una vita, un modo di essere: è un vivere alla maniera del Figlio! È rimanere in Cristo per vivere secondo la sua logica filiale. Ma lottare contro il proprio io egemonico e trasbordante non è per nulla facile… Nel Vangelo di oggi leggiamo questa esigenza particolare: «Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà». Perdere la vita è ciò che di più naturale ci sia: di fatto, sappiamo benissimo che i giorni che passano segnano il nostro progressivo avvicinamento alla morte… per cui possiamo dire che si tratta di una perdita! Ma l’accoglienza e l’assunzione di questa perdita giocata secondo la logica dell’amore, del dono di sé, cozza con la nostra propensione all’istinto conservativo! Qui sta un nodo nevralgico da sciogliere… chiediamolo come dono al Signore! Buona giornata

 

p.s. una preghiera per Sara che oggi pone la sua vita nelle mani del Signore