Le piccole cose

In questa parabola, in cui uno dei protagonisti è un ricco epulone, ovvero un ricco mangione, notiamo all’istante che egli è anonimo; è un personaggio senza nome, ovvero senza sostanza e senza personalità. Al contrario, il povero Lazzaro ha un nome proprio, e anche se agli occhi degli uomini è nessuno, e viene abbandonato, Dio lo riconosce e non si dimentica di lui, nemmeno dopo la morte. Infatti dopo la morte il povero Lazzaro si trova alla destra di Abramo, nel suo seno, spalla a spalla con lui, mentre il ricco mangione, che non si era mai accorto di Lazzaro durante la sua vita agiata, giace all’inferno, tra i tormenti. Solo qui, in una situazione di dolore e di bisogno, egli nota Lazzaro, e subito chiede di avere una goccia d’acqua per bagnarsi la lingua, lui che aveva negato al povero alcune briciole di pane. È interessante come Gesù scelga dei particolari così minuti per parlare di salvezza: “poche briciole di pane e una goccia d’acqua”. Il Signore sembra dirci che la nostra salvezza, la nostra vita eterna, si giochi sulle piccole cose, sulle situazioni elementari nelle relazioni della nostra vita: la capacità di accorgersi dell’altro e di andare incontro all’altro. Il ricco epulone di fatto ha pensato sempre e solo a se stesso, vivendo in modo spensierato, senza pensiero, senza sapienza, e con una condotta che ha mandato in rovina lui e tutta la sua famiglia. Il ricco senza nome, solo nel momento del pericolo, vuole sfruttare il povero Lazzaro, non per via di una immediata conversione, ma perché, intuita la gravità della situazione, compreso che non c’è più nulla da fare per lui, pensa ai suoi fratelli, cinque ricchi come lui, che non credono alla sapiente pedagogia della Bibbia e non si occupano dell’umanità delle persone, cosa che al contrario Dio fa. Il racconto di questa domenica ci mette in guardia dicendoci: “Pensaci finché sei in tempo”. E a questo proposito la rivelazione di Dio, l’avvento di Gesù Cristo tra noi, con il suo Vangelo, ci offre la sapienza necessaria per evitare l’idolatria e la chiusura verso il prossimo, aprendoci alla realtà più grande del dono di sé.

don Christian